Anni di piombo

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« C'è stata l'età della pietra, quella dell'oro, quella del bronzo e quella del ferro, gli anni di piombo sono stati così chiamati per sottolineare una palese involuzione della razza umana. Col senno del poi possiamo considerarla "una leggera flessione" se la poniamo al confronto con la New economy, ma "torniamo a bomba"
(è il caso di dirlo).
 »
"Anni di piombo" non fu un'espressione casuale: come si può vedere, in quel periodo ogni cosa o persona era di color piombo.
Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Anni di piombo

Gli anni di piombo furono quel periodo, comprendente gli anni '70 e la prima metà degli anni '80, in cui si alzarono un po' i toni del dialogo politico. Secondo i giudizi della storiografia di parte, ciò si tradusse in violenze di piazza, lotta armata e terrorismo. L'Italia rivendicava per sé il primato temporale di tali accadimenti, ignorando o facendo finta di ignorare che, come tutti i fenomeni modaioli e di tendenza di massa, anche questo proveniva dall'Inghilterra e dal Nord Europa, dove si era verificato con qualche anno d'anticipo: la solita prosopopea vanagloriosa dei buzzurri che abitano lo Stivale.

L'origine dell'espressione viene fatta risalire alla regista teutonica Margarethe von Trotta, che nel 1981 intitolò un suo film "anni di piombo". Ma gli anni di piombo preesistevano di gran lunga alla pellicola della Von Trotta, dunque costei non ha inventato un bel niente.

Secondo gli autorevoli pareri di alcuni calciatori, veline e venditori di sigarette elettroniche, gli anni di piombo vanno considerati come gli anni del terrorismo di sinistra, oppure dell'eversione di destra, oppure ancora di stragismo di stato. I complessi emergenti pugliesi ritengono invece che al riguardo "esista solo una verità giudiziaria parziale, confusa e spesso contraddittoria". Gli elettricisti dell'ENEL hanno definito questo periodo della storia italiana come una "guerra civile a bassa intensità".

Insomma, il quadro è sufficientemente chiaro.

Confini temporali

Sono davvero loro i responsabili degli anni di piombo?

Una questione molto dibattuta è quella circa l'esatta collocazione temporale di questo periodo storico. Grossolanamente si suole comprendere il quindicennio che va dalla fine degli anni '60 ai primi ottanta, ma le cose si complicano cercando di entrare nel particolare: ogni storico che ha analizzato il periodo suole designare l'anno di inizio a seconda delle proprie convinzioni politiche, ideologiche o semplicemente "perché così gli girava in quel momento". Quindi c'è chi fa iniziare gli anni di piombo con la contestazione del sessantotto; chi con la strage di piazza Fontana; chi con la congiunzione astrale Saturno - Nibiru - Giuliano Ferrara; chi con lo scudetto del Cagliari.

« Vabbè... più o meno siamo lì! »

Ad ogni modo, che per le strade ci fosse un po' di maretta era sotto gli occhi di tutti. Se il movimento sessantottino aveva aperto le danze, o meglio, il pogo con la polizia il 1 marzo 1968 nella cosiddetta Battaglia di Valle Giulia, il primo morto ammazzato della stagione fu il giovane agente Antonio Annarumma, ucciso da una sprangata sul cranio durante una manifestazione a Milano. Tuttavia lo sfortunato agente non può essere considerato il primo morto degli anni di piombo, in quanto il tubo Innocenti col quale fu colpito, oltre a dichiararsi (per l'appunto) innocente, era costituito di acciaio, non piombo.

Fatti essenziali

A lungo abbiamo creduto alla storia del boom economico che aveva investito l'Italia negli anni sessanta, con l'aumentato benessere sociale, la scolarizzazione di massa, l'emancipazione della donna. Secondo questa bislacca teoria la cultura, saldamente in mano ai comunisti, instillava nelle menti dei giovani d'allora pericolose idee sovversivamente libertarie. Il governo italiano con sede a Washington doveva porre un freno alle ambizioni rivoluzionarie di quella generazione degenerata. Così sarebbero venuti fuori gli opposti estremismi di destra e di sinistra, che in un crescendo rossiniano avrebbero esacerbato a tal punto gli animi da sfociare in attentati via via sempre più efferati e sanguinari, con una vera e propria guerra civile a far da contorno. Soprattutto, sarebbe stata ideata e messa in atto la cosiddetta strategia della tensione, a nulla sarebbe valso il tentativo di incanalare le opposte correnti nelle improbabili convergenze parallele.
Ebbene, non è affatto andata così.

Come tutto cominciò

In effetti, senza armi non era divertente.

In realtà i giovani di quegli anni, lungi dal farsi politicizzare, preferivano di gran lunga farsi i cazzi propri, travolti da un improvviso quanto inaspettato benessere. Con la pappa già pronta che senso aveva coltivare un qualsivoglia ideale? Una cosa in effetti mancava loro: i loro genitori avevano maneggiato vere armi da fuoco durante la seconda guerra mondiale, mentre a loro toccava giocare agli indiani o a guardie e ladri con ridicole armi-giocattolo nel migliore dei casi, altrimenti dovevano mimare una pistola con la mano e fare "bang" con la bocca. Ecco, fu questa la vera causa scatenante del fenomeno "anni di piombo": la ferma volontà di giocare con armi vere, come era fortunatamente toccato ai loro genitori. La suddivisione in gruppi rossi e neri fu solo un adattamento giornalistico creato con lo scopo di semplificare i concetti, per un'informazione che andasse incontro alle capacità mentali davvero di tutti.

Come tutto continuò

Il kit del terrorista era molto basic: un passamontagna e una P38 erano più che sufficienti.

I primi sparuti gruppuscoli di adolescenti che volevano giocare con armi vere si fecero notare durante la contestazione del '68, mescolati con gli studenti che in tutta Europa scendevano in piazza. Nel 1969 si mescolarono agli operai protagonisti dell'autunno caldo, che nelle località costiere consentì di fare il bagno fino a novembre inoltrato. Le sparatorie aumentarono vertiginosamente, gli scontri a fuoco lasciarono sul terreno sempre più persone. I giovani favorevoli all'uso ricreativo delle armi da fuoco compirono un salto di qualità, iniziando a maneggiare esplosivi di vario tipo, fino a giungere al 12 dicembre. In quel giorno vennero effettuati tra Roma e Milano cinque attentati dinamitardi in meno di un'ora, il più grave dei quali fu la strage di piazza Fontana. In breve si assistette al passaggio dalla politica attiva all'eversione; dalle piccole sparatorie agli attentati terroristici; dalla lotta armata alla clandestinità. Già, la clandestinità. Da qualche tempo quest'ultima occupazione è entrata nel novero dei mestieri che gli italiani non vogliono più fare, tanto che, a tutt'oggi, gli unici clandestini reperibili sulla piazza sono esclusivamente stranieri.

Come tutto proseguì

Pier Paolo Pasolini. L'accoppiata alcol + caffeina può essere molto pericolosa.

Ecco allora l'escalation di morti ammazzati, spesso senza un reale perché. Gli impresari di pompe funebri attraversarono un periodo fiorente, ma nessuno di questi cadde vittima di attentati. Pura fortuna. Invece ci furono vittime illustri:

« Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere)! »
« Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969! »
(Pier Paolo Pasolini dopo aver vuotato la bottiglia di Caffè Borghetti)
« Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974! »
(Pier Paolo Pasolini, ormai del tutto fuori di melone, si scava inconsapevolmente la fossa con le proprie mani)

Non era vero niente, ma qualcuno se la fece sotto e prese provvedimenti. Il 2 novembre 1975, sulla spiaggia dell'idroscalo di Ostia, venne trovato un mucchietto di carne e ossa spezzettate che inizialmente fu scambiato per un delfino spiaggiato. Che si trattasse del cadavere di Pasolini lo si intuì solo quando in mezzo alle frattaglie venne ritrovata una bottiglia vuota di Caffè Borghetti.

La situazione era ormai degenerata, i motivi più futili erano più che sufficienti per scatenare conflitti a fuoco, pestaggi, spedizioni punitive, esecuzioni vere e proprie. Gli ultras del calcio rimasero sbigottiti, negli stadi in quel periodo potevi prenderti al massimo qualche arancia in testa, specie se eri vestito di nero, avevi un fischietto e corricchiavi sul terreno di gioco. L'intenzione iniziale, quella di giocare con armi vere, era ormai solo un pallido e sbiadito ricordo. La fig foga e l'esaltazione avevano letteralmente imbestialito la metà della gioventù. L'altra metà, beatamente fatta di eroina, si lasciava morire senza pallottole e perciò costituiva un problema relativo.
Ma ci fu un momento in cui lo Stato ipotizzò l'idea di correre ai ripari? La risposta è: "una Peroni ghiacciata, per favore"!

Come tutto terminò

L'unico modo per sedare la violenza era opporre ad essa altra violenza.

Le alte sfere della politica rimuginarono a lungo sulla sequela interminabile di delitti, facendola ulteriormente allungare. A un certo punto balenò l'intuizione:

« Come abbiamo potuto dimenticare la lezione di Mario Scelba? »

Il paradigma era elementare, occorreva prendersela con i più deboli. Se poi tra essi c'era qualcuno che non c'entrava niente, tanto meglio:

« Adesso ve lo diamo noi "colpiscine uno per educarne cento"! »

Se lo Stato era pressoché impotente contro i gruppi eversivi di spessore come le Brigate Rosse, Prima Linea o i NAR, poteva tuttavia mostrare i muscoli contro la popolazione inerme, ottenendo il duplice risultato di:

  1. instaurare un clima di terrore e delazione, che fa sempre comodo a qualsivoglia regime;
  2. far vedere agli italiani che stava lavorando per loro.

Sugli scranni governativi sedevano allora gli esponenti del cosiddetto pentapartito: un'orgia mostruosa in cui sguazzavano le migliori pornostar della Democrazia Cristiana, del Partito Socialdemocratico, del Partito Repubblicano, del Partito Liberale e del Partito Socialista. All'opposizione il Partito Comunista, nella parte del voyeur che sgranocchia popcorn e si masturba.

La cosiddetta emergenza terrorismo fornì lo spunto per l'attuazione di un processo involutivo dello stato di diritto, trasformandolo in stato di polizia, con una drastica limitazione delle libertà costituzionali ed un ampliamento della discrezionalità interventista della sbirraglia. L'aumentato ricorso ai reati associativi o di pericolo presunto fu l'ossatura normativa di un'emergenza che poi in Italia non è mai terminata, saldandosi infine con l'evoluzione sicuritaria post 11 settembre 2001. Praticamente, l'emergenza è divenuta normalità, consuetudine. I provvedimenti furono molteplici, su tutti ne spiccavano tre:

Il controllo del territorio fu affidato ad agenti sceltissimi.
  • la legge n. 152 del 22 maggio 1975, nota come legge Reale dall'omonimo taglio di carne bovina, che trasformò poliziotti panciuti e carabinieri baffuti in 007 con licenza di sparare proiettili e cazzate ogni volta che che ne avessero ravvisato la necessità. Praticamente sempre. L'opinione pubblica criticò aspramente questo provvedimento, al punto che fu indetto un referendum l'11 giugno 1978 per la sua abrogazione. Ma la stessa opinione pubblica votò in massa per il mantenimento della legge stessa. Non c'è da stupirsi di tale voltafaccia, non era il primo, né sarebbe stato l'ultimo, come si vedrà più avanti;
  • nel 1978 vengono istituiti dei corpi speciali con dichiarate finalità antiterroristiche e sottaciute finalità omofobe: il GIS (Gruppo Intervento Speciale) dei carabinieri e il NOCS (Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza). Era già positivo avere due gruppi speciali di cui si conoscesse il significato dei rispettivi acronimi: ancora oggi perfino i vertici della DIGOS brancolano nel buio nel vano tentativo di decifrare la loro misteriosa sigla. Comunque, GIS e NOCS da allora fanno a gara a chi ce l'ha più lungo, o in alternativa più grosso;
  • la legge n. 15 del 6 febbraio 1980, nota come legge Cossiga, istituiva il reato di terrorismo con notevoli inasprimenti di pena (si poteva giungere addirittura all'inginocchiamento sui ceci e sui cocci) ed estendeva ulteriormente i poteri della polizia, che ora poteva disporre del raggio fotonico e dell'onda energetica. Anche in questo caso fioccarono le critiche feroci dell'opinione pubblica, ma il referendum indetto per l'abrogazione di tale legge vide la schiacciante vittoria di chi votò per il suo mantenimento.

Ma gli anni di piombo non terminarono per merito di questi provvedimenti: semplicemente, i ragazzini che volevano giocare con armi vere, a un certo punto crebbero, maturarono e iniziarono a mettere la testa a posto, chi ultimando gli studi, chi trovandosi un lavoro onesto, perché a quel tempo era ancora possibile. Lo Stato, dal canto suo, fece finta che non fosse accaduto nulla, pur continuando a mantenere in vigore le leggi restrittive: hai visto mai...[Previdenza necessaria]

Il risultato finale

Tutto era cominciato con dei ragazzini che volevano giocare con armi vere, tutto finì con bamboccioni frignoni che utilizzarono l'arma del piagnisteo integrale ed in molti casi la fecero franca. Appellandosi al buon cuore dei grandi, le simpatiche canaglie degli anni '70 divennero esperte nella pratica del pentitismo e della dissociazione. I grandi, dall'espressione burbera e austera, in realtà avevano un cuore d'oro e guardavano ai giovani con mite benevolenza: in fondo, quelli erano solo ragazzi, i loro ragazzi. Qualche rimbrotto, qualche scappellotto, niente dolce a cena per una settimana e tutto fu perdonato o dimenticato. Oggi quei ragazzi sono divenuti adulti e iniziano a mostrare i primi segni dell'età. Se gli si chiede conto di quegli anni, rispondono sempre:

« Eravamo solo ragazzi, adesso siamo solo vecchi, che cazzo volete da noi? »

Le centinaia e centinaia di famiglie colpite da lutti provocati durante gli anni di piombo hanno compreso da un pezzo che non vale la pena rivalersi sugli assassini dei loro cari, perché non si può prendersela con dei ragazzini, ancorché vivaci: si passerebbe dalla parte del torto.

Morale

A pensarci bene una morale vera e propria non c'è. Tuttavia ci sarebbe da riflettere su una questione tutt'altro che secondaria: se questi bambini volevano divertirsi a sparare, perché i loro genitori non li hanno portati a fare un po' di tiro a segno? Come sempre, la colpa di tutto è dei genitori: non hanno saputo interpretare correttamente i segnali di richiesta d'aiuto dei loro figli, che quindi si sono arrangiati come hanno potuto, perché troppo assorti nelle loro faccende "da grandi".

Voci correlate