Antonio Ligabue
Antonio Ligabue fu un noto malato di mente che visse nelle campagne del Reggiano. Famoso autolesionista, fu anche pittore. È oggi universalmente riconosciuto come uno dei maggiori esponenti del movimento Naïf, ossia tutti quegli artisti che pur non avendo mai frequentato una scuola d'arte si ostinano a dipingere sbagliando proporzioni e prospettiva. Il pittore ha sempre rifiutato di essere inquadrato in questa corrente, sopratutto perché non capiva di cosa si stesse parlando. Ligabue è particolarmente riconoscibile per la forza vitale delle sue opere ma sopratutto per il loro peso. Ligabue infatti usava talmente tanto colore che le sue tele sono da considerarsi bassorilievi in quanto gli strati di olio possono superare i 30 centimetri di spessore.
La giovinezza
Antonio Laccabue nasce nel 1899 a Zurigo da mamma italiana e babbo ignoto. Giusto un'ora dopo il parto la sua carrozzina viene coinvolta in un brutto incidente con uno schiacciasassi. Per fortuna il piccolo Antonio è appena sceso ma decide misteriosamente di buttarsi sotto la ruota del macchinario. Nel 1900 il bambino viene adottato da una coppia di svizzeri che lo hanno scambiato per un Fox Terrier. Antonio, anche se curato dai padroni genitori, non vive un'infanzia tranquilla. Cade ripetutamente dal seggiolone quasi quotidianamente, scassandosi la faccia. A sei anni ha il naso rotto in 212 punti. Il piccolo Antonio è di temperamento irascibile e quando un bambino lo fa innervosire gli prende a testate la mamma facendolo piangere.
La matrigna lo fa rinchiudere per un po' di tempo in un manicomio per bambini.
Nel 1913 il piccolo Antonio a 14 anni inizia a dare prova della sua genialità superando per la prima volta la terza elementare. Ancora la matrigna lo introduce in una scuola per poveri imbecilli, ove spicca il suo talento per l'intaglio sui banchi e per spaccare lavagne a testate. Viene espulso dopo esser stato sorpreso a mangiare tutti i gessetti dell'istituto. I genitori stufi di Antonio lo fanno espellere dalla Svizzera.
Il povero citrullo si ritrova a girovagare così lungo gli argini del Po cibandosi di limo, corteccia di pioppo e ogni tanto un pesce gatto. Si ferma a Gualtieri, suo paese natale, ove qualcuno lo fa lavorare come spaccapietre, zappaterra e raccoglitore di quadrifogli per sedici ore al giorno in cambio di un piatto di minestra in brodo senza minestra, una volta ogni due giorni. Una contadina mossa a pietà gli offre piatti di pasta asciutta in cambio dei suoi quadri. Riempie la soffitta. Alcuni anni più tardi la potenziale miliardaria venderà ingenuamente tutte le tele a Telemarket per pochi spiccioli.
Ligabue e gli animali
Nelle campagne di Gualtieri Antonio evita le persone ma è affascinato dagli animali. Non è raro vederlo appollaiato su un ramo mentre fa il verso del parasaurolofo o acquattato dietro un cespuglio, pronto ad azzannare gli stinchi dei ciclisti. Quando è sera, a lume di candela, Ligabue disegna i suoi amati animali tipici della campagna emiliana: ermellini, tacchini, pantere, pavoni, cani, tigri, trichechi, centinaia di disegni che un giorno, per caso, vengono notati dallo scultore Renato Marino Mazzacurati, che lo prende sotto la sua ala protettrice nutrendolo e insegnandogli a dipingere a olio. Gli costruisce anche una bellissima cuccia. Antonio è felice ed esce spesso per accoppiarsi con una vagina che ha abilmente inciso nel tronco di una betulla. Antonio è ossessionato dall'eterna lotta tra le forze della natura, la tigre contro il boa, il pavone contro il tacchino, il tacchino contro la tigre e anche viceversa.
L'arte di Ligabue
Ligabue dipinge a ritmo forsennato ma ha qualche problema con gli autoritratti, non gli vengono mai somiglianti. Decide così di modificarsi il volto per renderlo simile al dipinto, a mattonate. Anche la sua pittura è violenta, i rossi accesi, le pennellate grossolane, le mazzate in faccia. Va avanti così dal 1919 al 1937, quando viene ricoverato in un manicomio per autolesionismo col volto maciullato. Ligabue oppone resistenza perché gli autoritratti di quel periodo gli riescono particolarmente bene. Gli basta un'unica pennellata rossa.
Un altro scultore lo aiuta ad uscire e lo ospita in casa sua. Dopo non molto tempo però, non riuscendo a dipingere il volto di un soldato tedesco, Ligabue glielo sistema a bottigliate. Viene di nuovo internato al Manicomio di Reggio Emilia e acclamato come eroe nazionale.
La fama
Nel 1948, uscito dal manicomio, Ligabue inizia a dipingere più intensamente. Il Resto del Carlino produce addirittura un famoso servizio sul pittore. Poi mostre, viaggi, gallerie d'arte, anche qualche documentario su di lui su Animal Planet. Antonio si può definire famoso. Comincia a guadagnare qualche soldino che spende in motociclette costose, vino alla taverna e ogni tanto una zoccola. "Al Mat", così viene chiamato, si innamora della locandiera tettona a cui dona celebri ritratti ai quali adatta il volto di lei con una mazzetta da otto chili. Il suo sogno nel cassetto è una vettura con un autista che gli apra la portiera e si tolga il cappello come vede fare nei film americani. Al culmine della notorietà Antonio Ligabue decide di farsi l'ultima plastica, acquista un potente Galletto della Guzzi, raggiunti i 90 all'ora infila la testa tra i raggi della ruota anteriore. Rimane paralizzato. Nonostante ciò continua a dipingere. Tre anni dopo muore, così decide di smettere definitivamente.