Carlo Pisacane
Carlo Pisacane (Regno delle Due Sicilie, 22 agosto 1818 - Sanza, 2 luglio 1857 - risorto il 17 marzo 2011 in occasione del centocinquantenario dell'Unità d'Italia) fu un patriota, un rivoluzionario e un camorrista napoletano.
Biografia
Figlio del duca Gennaro Pisciacane, cambiò il cognome in "Pisacane", per sembrare meno terrone. Iniziò a coltivare la sua formazione marziale all'età di dodici anni, quando entrò nella Scuola militare di San Giovanni a Carbonara e lesse per la prima volta il romanzo "300, la battaglia delle Termophili". Nel 1839, durante un torneo di scacchi, venne nominato alfiere del "5° Reggimento di linea dei Barboni". Tuttavia la sua brillante carriera militare, non combaciava con i suoi modi libertini, infatti venne arrestato e condannato per aver avuto rapporti sessuali con qualsiasi cosa si muovesse, compresi gli animali.
Intorno ai trent'anni, si arruolò di nuovo in Veneto per combattere gli Austriaci, nella prima guerra d'indipendenza, ma l'impresa fallì miseratamente, convinti di poter sconfiggere il nemico a suon di fionde e pistole a vapore. Dopo la sconfitta, il suo animo ribelle non si arrese e in quella occasione, conobbe il cantante neomelodico Goffredo Mameli (tra l'altro autore del futuro Inno nazionale "Fratelli d'Italia" reso celebre soprattutto durante le partite di calcio), "il comunista terrore dei Padani" Giuseppe Garibaldi, Aurelio Saffi e infine Giuseppe Mazzini, fondatore del club privè "Giovine Italia". Il famoso quintetto, riunitosi fondò una band, la Repubblica Romana sotto contratto della "Savoia Records".
L'avvicinamento al socialismo utopistico e libertario
È in questo periodo che iniziò a filosofeggiare su idee socialiste. Egli sosteneva la libertà di cibarsi dei bambini di qualsiasi razza, religione o sesso, soprattutto quelli di età inferiore a 3 anni, meglio se borbonici, in quanto stranieri e oppressori, un motivo in più per cibarsene. Iniziò subito la sua propaganda contro i Borbone, sostenuto da illustri personaggi quali Giuseppe Ferrari e Carlo Cattaneo rispettivamente il nonno del fondatore della Ferrari e il primo, vero e solo secessionista padano, colui che gettò le basi della dottrina di Bossi.
La propaganda di fatto
Pisacane realizzò quello che fu l'incipit dell'Unità d'Italia, partendo dalla "propaganda di fatto", chiamata così, perché, per poter avere consensi popolari, distribuì alla popolazione marijuana gratis e promettendo che se l'Italia fosse diventata unita, avrebbe portato più pilu per tutti.
Nel 1848 fece il suo primo comizio, ma la gente non capì bene quello che disse a causa della diversità delle lingue e anche perché all'epoca era difficile reperire impianti audio adeguati.
Di seguito riportiamo alcuni stralci del comizio:
- Pisacane : Popolo italiano, armiamoci e partite! Sì, perché dovete combattere per l'unità, contro i soprusi e per il pilu!
- Pisacane : Ho ricevuto delle lettere minatorie... ma questo è il certificato di persona non desiderata!
- Pisacane : Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi, se sono in bagno aspettatemi!
Nonostante tutto, riuscì a raccogliere un determinato numero di consensi, all'incirca 300 uomini, che armati di mazze da golf, Super Liquidator e palloncini ad acqua, partirono alla volta di Capri per rovesciare la dittatura Nazicomunista dei Reali di Spagna.
La battaglia di Sapri
Il caso volle che uno dei suoi subordinati, non sapesse usare correttamente Google Maps, così il gruppo dal cuore impavido, si ritrovò da Capri a Sapri. Ad attenderli, la squadra del "X Reggimento Cavaldonato dei Contadini", con la classica formazione 4-4-2. Il premio in palio fu allettante, se Pisacane e i suoi avessero vinto, avrebbero dato il via a quello che oggi è chiamato dagli storici la "Coppa Uefa Risorgimentale". Purtroppo non andò bene, l'arbitro dell'epoca, un tale Byron Moreno, si dichiarò a favore della squadra avversaria e fece perdere la partita. Pisacane e i suoi costretti alla fuga, vennero catturati il primo luglio a Padula. Furono sodomizzati e i loro cuori vennero asportati e offerti in sacrificio ai Reali d'Asburgo. Si salvarono solamente Pisacane e Giovan Battista Falcone che per la vergogna si suicidarono.
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