Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico
Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico (latino Tiberius Claudius Cæsar Augustus Germanicus), per gli amici Klaus, per i detrattori Emorroide, fu un imperatore burino, anche se lui se ne rese conto solo il giorno prima di morire[1]. Variamente giudicato nel corso dei secoli, è stato recentemente rivalutato grazie ad approfondite analisi della moderna critica storica. Ciononostante, il resto del mondo continua a vivere la sua vita fottendosi serenamente di tutto ciò.
Ma chi era veramente Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico?
Preambolo essenziale: la Dinastia Giulio-Claudia. Caratteri generali
Prima di addentrarsi nel dettagliato resoconto della vita di Claudio imperatore, è necessario effettuare un sia pur fugace excursus sulla sua famiglia, o meglio, sulla sua Gens. La Dinastia Giulio-Claudia (da qui in avanti DGC) inizia con Caio Giulio Cesare e finisce con Tiberio Claudio Nerone, così abbiamo dato un senso al suo nome. La DGC si distingue dalle altre gentes romane perché pare che uno dei bisbisavoli di Giulio Cesare, di passaggio nell'Africa nera, si sia trattenuto alquanto tempo come ospite presso una tribù di scimpanzè Bonobo, assimilandone usi e costumi, che trasmise alla sua stirpe e che diffuse per Roma. A cagione di ciò, la DGC non è altro che un guazzabuglio di accoppiamenti, unioni, incesti tale da far impallidire Beautiful, facendo la fortuna dei suoi sceneggiatori. Al tirar delle somme, la DGC non è stata la peggiore dinastia di imperatori romani, anche se tutto il popolo era costretto a sottoporsi alle attenzioni dei loro principi, i quali facevano rapire dalla milizia coloro che gli ispiravano desideri goderecci[2]. Si riporta qui un solo dato statistico: durante il periodo della DGC si avrà un'impennata inaudita nel consumo di strutto di maiale, usato come lubrificante nei cosiddetti rapporti contro natura.
Cenni biografici
Dalla nascita alle prime polluzioni
Claudio nacque pretermine di ventordici giorni tramite parto anale, nell'anno in cui Berta filava con Mario, da Sisinnio Scrofolo e Flavia Vento, due lontani cugini di campagna di Ottaviano Augusto, che lui non poteva sopportare in quanto rozzi, sguaiati e puzzolenti. Quando andavano a rendergli visita, pareva che a Roma si fossero dati appuntamento tutti i grossisti di letame dell'impero. All'età di otto anni, il suo pisellino iniziò a funzionare per conto suo, nei momenti meno opportuni: a lezione di grammatica, a tavola, nei funerali, durante il saggio artistico di fine anno scolastico. D'improvviso e senza preavviso, il suo membro si ergeva e schizzava notevoli quantità di liquido seminale in tutte le direzioni, con conseguenti scene di imbarazzo generale. Questa singolare disfunzione sarà un tratto distintivo dell'imperatore Claudio per tutta la vita.
Le malattie giovanili
Alla tenera età di ventuno giorni, Claudio aveva già passato tutti i CEI[3], e fu sottoposto ad intervento di protesi d'anca destra all'età di quattro anni, per una grave forma di coxartrosi. A tredici anni fu colpito da una forma particolarmente farmaco-resistente di dermatite seborroica, che gli faceva produrre grandi quantità di scaglie secche di sebo che
"olebant sicut veteris pedes"[4].
(Puzzavano come piede vecchio)
Tale problema si ripresenterà periodicamente per tutta la vita, costringendo Claudio all'uso cronico di creme esfolianti, che a loro volta provocheranno reazioni allergiche da trattare con massicce dosi di antistaminici, che però (effetti collaterali) provocano sonnolenza, curata con iniezioni di caffeina. A sedici anni, in preda ad una rinite allergica, starnutì così forte che gli esplosero entrambi i testicoli, che peraltro ricrebbero spontaneamente nel giro di quattro giorni. A diciotto anni iniziò a crescergli la coda, molto simile a quella di Goku[5]. Oltre a spuntarla periodicamente, per non esporla al pubblico fu costretto a nasconderla nell'intestino retto.
Gli studi ed il Cursus honorum
Claudio non fu certo uno studente modello: pigro, svogliato e poco incline al rispetto della disciplina, si diplomò perito agrario solo a trentaquattro anni, col minimo dei voti, e con un grosso aiuto da parte dell'ormai anziano zio Augusto. Non volle sfruttare il diploma e per qualche tempo chiese spiccioli davanti al tempio di Giove Incontinente[6], minacciando i passanti tirchi di contagiargli la dermatite seborroica. Ma soprattutto spacciava hashish davanti al Circo Massimo durante i campionati di biga e i tornei di gladiatori. In questo periodo iniziò ad interessarsi al gioco dei dadi, che diventerà una delle sue passioni più coinvolgenti. Avrebbe trascorso il resto della sua vita in queste condizioni, se un giorno non si fosse ricordato della sua appartenenza alla DGC. Assillò il vecchio zio Augusto al punto che questi, un istante prima di esalare l'ultimo respiro, gli concesse, a trentasette anni suonati, la toga virile. Durante la cerimonia ufficiale Claudio imbrattò la toga con una delle sue improvvise polluzioni, lo zio Augusto trasecolò e cadde stecchito all'istante. A questo punto Claudio era pronto per darsi alla politica.
La carriera politica
Claudio aveva notato, con un certo disappunto, che tanti altri rampolli della Roma-bene avevano avuto un cursus honorum e una carriera politica abbastanza in discesa: ognuno era stato via via pretore, propretore, edile, censore, console[7], proconsole e infine senatore entro il quarantesimo anno di vita. Egli, invece, alla stessa età, si ritrovava ancora fermo al palo, con una toga tutta macchiata e nemmeno una collaborazione a progetto come usciere. Ma aveva un'altra possibilità: il 95% dei senatori si riforniva di hashish da lui. Per questo motivo, Claudio si ritrovò a sedere sugli scranni senatoriali nel giro di due giorni, bruciando in un battibaleno tutte le tappe intermedie. Poiché l'attività di senatore gli consentiva di trascorrere tutta la giornata senza avere un cazzo da fare, si dedicò anima e corpo alla nuova passione che lo stava divorando: il gioco dei dadi. Si presume che in tutta la sua vita abbia gettato i dadi per dodici fantastiliardi di volte; propose un teorema, valido ancora oggi, secondo il quale ogni volta che si getta un dado con le facce numerate da 1 a 6, immancabilmente uscirà un numero da 1 a 6. Sull'argomento scrisse anche un voluminoso trattato, che impose come testo scolastico, dopo aver reso il gioco dei dadi materia fondamentale di studio e disciplina olimpica. Gli altri senatori, perennemente fumati, non si curavano di lui se non per rinnovare le scorte ed in breve tempo Claudio divenne ricchissimo. Quando i soldi non bastarono più, i senatori iniziarono a pagarlo in natura, offrendogli mogli, figli, fidanzate/i ed offrendosi essi stessi. Per Claudio era un toccasana: poteva finalmente dare sfogo a tutte le sue polluzioni spontanee senza che ciò fosse motivo di vergogna o di scandalo. Nello stesso periodo, suo nipote Caligola, appena acclamato imperatore, dava il meglio di sé, per lasciare ai posteri un degno ricordo fino alla consumazione dei secoli.
Imperatore!
Caligola, in soli quattro anni, aveva raggiunto un indice di gradimento che i suoi predecessori non avrebbero potuto neanche lontanamente immaginare: solo un altro leader carismatico avrebbe eguagliato un tale consenso popolare, duemila anni dopo. Come ben si sa, l'invidia è una brutta bestia: un gruppo di senatori, totalmente privi di senso dell'umorismo, organizzò l'omicidio di Caligola, reo di costringerli a mangiare la stessa biada che dava al famoso cavallo Incitatus, da poco loro collega, per di più nella stessa mangiatoia. Fatto fuori Caligola, i senatori decisero che il suo successore dovesse essere uno di loro, per ridare forza all'autorità senatoriale, che Caligola aveva ripetutamente ridicolizzato, guadagnandoci in popolarità, garantendo comunque la prosecuzione della DGC. L'elezione di Claudio alla massima carica dell'impero fu quindi poco più che una formalità. Un drappello di pretoriani fu mandato a casa sua per avvisarlo della notizia. In quel momento, Claudio aveva avuto l'ennesima polluzione improvvisa, e si era innaffiato da capo a piedi. Lì per lì, si diresse verso gli ampi tendaggi del suo loft con vista su Piazza Navona e cominciò a pulirsi meticolosamente con essi. I pretoriani lo trovarono immerso in questa operazione, tutto avvolto nelle tende. Per questo nacque e si diffuse la leggenda metropolitana[8] che lo voleva talmente timido da nascondersi dietro alle tende alla vista dei soldati.
L'imperato da operatore L'operato da imperatore
Questo fu il primo ordine di Claudio e fu prontamente eseguito. Ma non come aveva inteso l'imperatore: i suoi centurioni e i suoi pretoriani, un'accozzaglia di individui che, messi tutti insieme, non avrebbero raggiunto la metà del Q.I. di Costantino Vitagliano, fecero effettivamente "girare la patonza", ma nella seguente maniera: radunarono tutte le donne di Roma e dintorni dagli undici ai settantacinque anni, le stiparono su interminabili carovane, e le mandarono in giro per tutto l'impero, compresi i luoghi più sperduti e sfigati, come la Pannonia, la Tettonia, la Culonia, la Caccadocia e la Patatonia. Dunque, la patonza girò ovunque, tranne che dalle parti di Claudio. Dovettero trascorrere due anni prima che l'imperatore, che nel frattempo si era letteralmente liquefatto a forza di rasponi, si decidesse a modificare il suo ordine:
Solo allora i suoi uomini capirono.
Durante gli anni del suo principato, Claudio legalizzò le droghe leggere, commerciando egli stesso immense partite di cannabis. Le quotazioni del sesterzio schizzarono alle stelle, provocando le proteste della Britannia, che vedeva le frontiere di Roma chiuse al loro oppio, importato dal Catai, provocandone il deterioramento nei docks sul Tamigi dove era stoccato in attesa di invadere i mercati esteri. Per tutta risposta, Claudio attaccò di sorpresa la Britannia, un secolo dopo Cesare, riuscendo a conquistarla quasi del tutto costringendo l'esercito nemico a morire pieno di overdose col loro stesso oppio. Per evitare ulteriori spargimenti di sangue e di oppio, l'ultima battaglia doveva risolversi in una sfida a dadi tra Claudio e il capo dell'esercito britannico, Càlgaco. Giocarono al meglio dei cinque set, e vinse Claudio col seguente punteggio: 21-18, 16-21, 21-17, 19-21 e 25-23 al tie-break. Càlgaco ritenne che Claudio avesse barato e forse non aveva tutti i torti, quindi aggredì con una testata sul naso l'imperatore romano, che reagì tirandogli addosso una scheggia di sebo, centrandolo magistralmente all'occhio destro. Da cosa nasce cosa, ed in breve ultras romanisti e hooligans britannici giunsero allo scontro, con la polizia del tutto impotente a sedare gli animi. Alla fine il bilancio fu tragico: millemila morti da ambo le parti, tra cui lo stesso Càlgaco, mentre Claudio si salvò a stento travestendosi da Elton John. Raggiunse in maniera rocambolesca Roma, che per sua fortuna era una data del tour europeo del cantante, rilasciando false interviste in nome di quest ultimo. Rientrato nell'Urbe, Claudio si rese conto che durante la sua assenza sua moglie Agrippina aveva tentato di metterlo sotto impeachment con l'accusa di mancato pagamento di alcuni dividendi semestrali. Sarà questa la vera causa della sua morte.
Le disavventure private
Claudio non fu molto fortunato con le donne: non che gli mancassero, ma fu spesso manovrato da quelle che sarebbero dovute essere "le donne della sua vita". Si era sposato tre volte: la prima con Iulia Andreotia, fellatrice nota per la sua schiena curva da deformazione professionale, che lo scaricò fuggendo via con un pornodivo dell'epoca, un certo Francus Trigintacuspides; la seconda con Valeria Messalina, di cui si dirà più avanti; infine con Agrippina Minore, della quale tutto si può dire, fuorché che fosse un'ottima cuoca. Quando Claudio l'aveva sposata, Messalina era casta ed illibata. Sarebbe ora di restituire dignità e rispetto a questa donna, che certa storiografia ha dipinto nei secoli come dissoluta, empia e cospiratrice. In realtà, Messalina fu vittima fin dai suoi tempi di una colossale montatura mediatica, scatenata proprio da colei che l'avrebbe succeduta come moglie dell'imperatore: Agrippina, che non si faceva scrupoli di sorta pur di far diventare un giorno imperatore il proprio figlio Nerone, nato anni prima da un fuochista gallico di nome Gneo Domizio Enobarbo, noto come "Banana flambè". Messalina era una donna di saldi pricipi morali e mai e poi mai si sarebbe sognata di mettere in giro voci disdicevoli sul suo conto, ma anch'essa, come il consorte, aveva qualche imbarazzante problema di salute: un incontrollabile prurito intimo, contro il quale nulla potevano le abbondanti applicazioni di Vagisil®, le frequenti lavande con Tantum Rosa®, le quotidiane frizioni con olio di gomito. Così, la povera Messalina si attaccava a qualsiasi cosa potesse procurarle un po' di momentaneo sollievo. Che fossero ortaggi, attrezzi oblunghi, manici di scopa, membri maschili, non aveva importanza: per Messalina era imperativo infilare qualcosa nella vagina, al solo scopo di placare il diuturno tormento che l'affliggeva. Fu facile, per Agrippina, mettere in giro voci malevoli secondo cui Messalina si ripassava quotidianamente tre o quattro legioni di pretoriani, tutta la serie A dei gladiatori e chiunque fosse disposto a spendere un misero semiasse[10]. Claudio ci cascò come un tonno e fece uccidere Messalina, non prima di averla sottoposta alla tortura del solletico alle piante dei piedi per quattro ore. Era ancora calda quando Agrippina si installò al suo posto in casa di Claudio, trascinandosi dietro un bimbo paffuto, lentigginoso e rosso di capelli: Nerone. Agrippina non era bella come Messalina, anzi: era alquanto bruttina, ma per Claudio andava benissimo così: gli uomini non sarebbero caduti in tentazione davanti a lei. Agrippina era scaltra, astuta, perfida e calcolatrice e riuscì in brevissimo tempo a tenere saldamente in mano le redini politiche, economiche e sociali dell'impero, mentre Claudio si attardava tra patonze che giravano, interminabili partite a dadi, compravendita di canapa e derivati. Bastarono un paio d'anni per ridurre l'autorità di Claudio al valore di una cippa lippa: ormai non se lo cagava più nemmeno lo sgorgacessi del senato, che gli faceva trovare il bagno regolarmente intasato. Chi comandava veramente era Agrippina, che organizzò l'eliminazione di Claudio in un insolitamente torrido pomeriggio novembrino[11].
La morte
Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad una delle più clamorose mistificazioni storiche, montata ad arte dalla solita storiografia di parte, per compiacere ora questo, ora quel regime. Ci siamo sempre bevuti la favola che Claudio sia morto dopo aver mangiato un piatto di funghi avvelenati a bella posta da Agrippina. Ebbene, sappiatelo tutti, i funghi sono innocenti! Erano commestibilissimi, freschissimi, buonissimi e, per una volta, cucinati ottimamente da Agrippina.
Ma allora, come è morto realmente Claudio?
Si è detto più sopra che in quei giorni faceva un caldo bestiale e Claudio, che lo soffriva particolarmente, si rimpinzava di anguria. Agrippina aveva pianificato di avvelenarlo nella seguente maniera: preparò una quantità industriale di granita d'anguria, addizionata con generose mestolate di cloruro di potassio, mortale con simili dosaggi, e karkadè, che imitava il colore rosso della sbroda d'anguria, di cui Claudio era golosissimo. In quel pomeriggio Claudio sgargarozzò sessanta litri di granita taroccata, abbastanza per accoppare una mandria di giraffe, ma non fece una piega: a causa delle sue malattie, era diventato farmaco-resistente e i sovradosaggi di qualunque cosa gli facevano un baffo. Verso sera, quando Agrippina già pensava di vederlo cadavere egli, rinfrancato dalla granita e dal fresco serotino, le disse tutto pimpante:
Agrippina trasalì, ma seppe mantenere un contegno. Pensò ai funghi che il loro giardiniere Cucullione Proculo aveva raccolto per loro nelle tenute imperiali, quindi rispose prontamente:
Agrippina si diresse in cucina per preparare il piatto, non capacitandosi del fatto che Claudio fosse ancora vivo. Cucinò distrattamente, dimenticandosi di aggiungere il prezzemolo, ma imbandì, pur senza volerlo, un manicaretto squisito. Claudio lo divorò di gusto, mentre Agrippina si domandava ormai se non l'avessero bidonata, spacciandole latte in polvere per cloruro di potassio. Dopo un rutto tanto assordante quanto fetente di aglio, Claudio le disse:
Agrippina, colta di sorpresa, prese in mano il raschietto che di solito usava per questa simpatica operazione, ma finalmente, il veleno entrò in circolo e Claudio, spalancati occhi e bocca, emise l'ultima sua polluzione, che investì in pieno Agrippina, quindi si accasciò al suolo, privo di vita.
Altro che funghi! Bah!
Giudizi su Claudio
Non si sa perché, ma dall'antichità ad oggi un sacco, ma davvero un sacco di gente ha ritenuto di dover dire la sua su questo personaggio storico, suscitando profonde crisi di latte alle ginocchia e smartellamento scrotale in chi ha avuto la sfortuna di ascoltarli. Non è chiaro l'intento di tutta questa moltitudine di esegeti, a parte una malcelata tendenza a logorare la pazienza altrui, tuttavia si ritiene giusto, in questa rispettabilissima[citazione necessaria] sede, riportare almeno alcuni di questi giudizi, sì da poter avere un quadro il più possibile articolato e preciso.
La critica storica tradizionale
La moderna critica storica
Note
- ^ Nel senso che sì, sapeva di essere imperatore, ma si rese conto di essere anche burino solo il giorno prima di morire.
- ^ Sesso, età e status sociale non erano determinanti ai fini di questa scelta.
- ^ Non è la Conferenza Episcopale Italiana, ma i Comuni Esantemi dell'Infanzia nella nomenclatura della scienza di Esculapio , ossia morbillo, varicella, rosolia ed orecchioni. E questo non è uno sfoggio di cultura.
- ^ Come leggiamo nel Cessum Latinorum, opera assai discussa, di dubbia collocazione stilistico-temporale, di autore ignoto, scoperta ierlaltro in un monastero transiberiano.
- ^ Ma Claudio, come abbiamo visto, non era un Sayian.
- ^ In latino Iuppiter cum pannolone, meglio conosciuto come Giove Pluvio.
- ^ No, in effetti questo link non c'entra una mazza.
- ^ Messa in giro da Svetonio (Gaius Suetonius Tranquillus Mica Tantus), l'Alfonso Signorini del tempo.
- ^ La traduzione è presente anche su Google translator. In ogni caso, questa frase dimostra che la storia si ripete e che non c'è niente di nuovo sotto il sole.
- ^ Una piotta, al cambio attuale
- ^ Faceva tanto caldo che fu sospeso il campionato imperiale di scoregge, che potevano generare incontrollabili incendi.
- ^ Queste sono le ultime parole di Claudio.
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