Gabriele D'Annunzio
Gabriele D'Annunzio o GABRIELE D'ANNVNZIO o, come soleva chiamarlo il suo migliore amico Benito Mussolini, Water d'Italia (* Pescara, 12 marzo 1863 – † Favelas di Gardone riviera, 1 marzo 1938) fu uno dei più grandi pervertiti che la storia d'Italia ricordi, se non il più grande. Eroe di guerra, coglione al merito, fu anche il simbolo del decadentismo della mano sulla coscia delle ragazzine in minigonna sui tram e sui treni. Si impicciò per quarant'anni nella politica italiana tentando di far valere i propri ideali sopra quelli degli altri scoprendo ben presto di aver sbagliato in principio, infatti non facendo parte del clero la sua presenza godette sempre di una attenzione pari allo zero da parte dei gerarchi fascisti.
Biografia
Gabriele D'Annunzio terzo figlio di Paolo Rapagnetta e Luisa de Benedictis[1] nasce a Pescara il 12 marzo del 1863, appena nato dimostra le sue grandi qualità palpando il sedere all'ostetrica che lo aveva fatto nascere e gridando "sì, ancora!" dopo che gli aveva schiaffeggiato il sederino. L'infanzia di Gabriele passò felice, il poeta fin da piccino non si vergognava a dimostrare le sue perversioni facendosi trovare più volte dai suoi familiari intento a spogliare le Barbie delle sorelle e a far provare loro le posizioni del kamasutra con Ken. Nel 1879 D'Annunzio pubblica la sua prima opera "Primo Vere" che non ottenne il successo sperato ma, come per Elio e le storie tese a Sanremo, vinse il premio della critica. Il giovane Gabriele deluso dalla situazione però trovo il modo di farsi pubblicità: mise in giro la falsa notizia di essere morto cadendo da cavallo e di aver lasciato dieci bollini dell'AGIP all'interno di ogni suo libro attirando l'attenzione verso di lui sia da parte degli intellettualoidi dell'epoca che delle associazioni dei consumatori. Finiti gli studi liceali D'Annunzio si trasferì a Roma, luogo di ritrovo di buona parte dell'Italia bene del tempo ma soprattutto di fregna.
Periodo romano
Arrivato a Roma Gabriele, da buon borghesotto di provincia, si fece in poco tempo risucchiare in una spirale di sesso, droga e rock & roll ma venne salvato da questa situazione da quella che diventerà sua moglie, Edoardo Scarfoglio, e dalle sua amiche che diventeranno anch'esse amanti del vate cioè Francesco Paolo Michetti, Francesco Paolo Tosti e Costantino Barbella da sempre emarginata dalle altre due per via del nome. Queste sue conoscenze lo faranno poi parlare di una Roma Bizantina per via dei toga party a cui era costretto a partecipare dalle sue allegre amichette. Grazie alle sue donne infatti D'Annunzio riuscì a uscire dai ghetti di Roma e dalle viuzzule malfamate piene di senegalesi spacciatori di bamba per accedere alla Roma bene del lusso e degli sfarzi ma soprattutto dei vestiti attillati. Gabriele e le sue amiche portavano all'interno di Roma un nuovo messaggio di trasgressione che schifava e allo stesso tempo incuriosiva ed eccitava i signorotti locali facendo pian piano chiedere a tutti se fosse davvero vero che per far sesso con la propria moglie bisognava spalmarsi di feromoni di ape e se fosse meglio la marmellata di mela o quella di kiwi da usare come lubrificante. Le risposte non tardarono ad arrivare: 5 uomini vennero assaliti da sciami d'api inferocite e una decina di donne vennero azzannate da degli orsi affamati nelle parti basse per via della marmellata. Da quel momento le denunce ai danni del povero Gabriele cominciarono a fioccare costringendo D'Annunzio a fare la cosa che odiava più al mondo: lavorare, visto che suo padre si era rifiutato di sobbarcarsi per l'ennesima volta tutte le spese legali e le mazzette al giudice. Gabriele D'Annunzio cominciò allora la sua esperienza lavorativa provando come prima occupazione quella del puttano, ma decise di abbandonarla dopo aver visto che l'età della maggior parte delle sue clienti oscillava trai 65 e i 102 anni. Si diede dunque al giornalismo; il giovane D'Annunzio lavorò per molti giornali riempendo le pagine delle cronache rosa dei suoi sfavillanti idilli amorosi curandosi ovviamente di omettere la parte della contrattazione del prezzo della prestazione. Nel 1883 sposò nella sua cappella adibita a chiesa per l'occasione Maria Hardouin duchessa di Gallese, da cui ebbe tre figli: Mimì, Cocò e Stocazzo.
In questo periodo D'Annunzio pubblica il suo primo romanzo intitolato: "Il piacere" si va così a creare un primo gruppo di suoi fun, il cosiddetto pubblico dannunziano, amante delle sue storie al limite della decenza che i critici del ventesimo secolo hanno equiparato per valore artistico e culturale ai curriculum vitae di Costantino e Daniele Interrante
La fine del periodo romano
Nel 1891 ha fine il periodo romano di Gabriele D'Annunzio che, stanco di non poter acquistare più la droga dal suo pusher di fiducia senza sentirsi il fiato della pula sul collo, decise di trasferirsi in quella che allora era la capitale della droga e del sesso interazziale, interreligioso e interista: Napoli. Arrivato nella città partenopea e fattosi indicare tutti i pusher e bordelli della zona decise di provare, per festeggiare, la droga più potente conosciuta all'epoca: le opere, la vita e i calendari osé di Friedrich Nietzsche la cui lettura continuata per parecchie ore causò nella già disordinata mente del vate una reazione a catena che portò un collasso nel lobo del cervello che coordinava i rapporti con il gentil sesso. Due giorni dopo, ripresosi dal trip nietzschiano, decise di acquisire parte degli ideali di Nietzsche perché i suoi libri potessero acquisire un nuovo spessore culturale e perché i suoi lettori potessero provare quello che lui aveva provato nelle ultime ore. Per apprendere tutti i segreti della filosofia del tedesco, D'Annunzio decise di intraprendere un viaggio in Tibet ma, visto che quel giorno alzandosi dal letto si era fatto male al piede, ripiegò sulla collina dietro casa sua; questo portò D'Annunzio a travisare le idee di Friedrich vedendo fin da subito nel superuomo nietzschiano la figura eroica e spavalda di Superman e quella sensibile e sensuale di Gayman, difensori dagli oppressi dal male e dalla passera.
Nel 1897 Gabriele provò l'esperienza politica che visse come tutte le altre della sua vita: tipicamente da testa di cazzo. Eletto deputato dal partito di destra dell'epoca passò subito dalla parte dei moderati di sinistra giustificandosi con la frase "vado verso la vita". Cosa intendeva D'Annunzio con quella frase? Ovviamente intendeva andare verso ciò che dona la vita ergo la vagina! In quello stesso anno infatti il vate cominciò una relazione con l'attrice Eleonora Duse. Per vivere accanto alla sua nuova fiamma D'Annunzio si trasferì nei dintorni di Firenze nella residenza "La capponcella" che venne rinominata in suo onore "La pappona porcella" trasformandola in una villetta in pieno stile decadente[2]. È in questo periodo che si situa gran parte della drammaturgia dannunziana, stile piuttosto innovativo per l'epoca e non visto di buon occhio dai componenti della nobiltà e del clero più bigotti, che odiavano quel suo scrivere di avventure erotiche con dovizia di particolari[3] . Per via di queste antipatie le malelingue in poco tempo gli attribuirono il soprannome di Ero-poet, letteralmente poeta pervertito.
Nel 1904 il suo idillio d'amore con la Duse finì con la pubblicazione de "Il fuoco" libro scottante che causò ustioni di terzo grado su tutto il corpo dell'attrice e la rese permanentemente invalida. Nel 1910 D'Annunzio fuggì in Francia per sfuggire ai suoi creditori, agli avvocati della moglie ma soprattutto alle ronde padane che rischiavano di rovinargli le sue avventure notturne. Per cinque anni non ritornò in Italia preferendo rimanere a Parigi, patria della dissolutezza e della decadenza dei valori morali. D'Annunzio infatti riuscì a continuare la sua vita da ero-poet anche in Francia per il fatto che le sue opere erano state tradotte dalla letterata Eva Angelina e là godeva di una grande fama ma soprattutto di una grande fame di donne francesi. Da bravo impiccione però non riuscì a staccarsi completamente dalla politica italiana e scrisse infatti le odi alla guerra in Libia intitolate "Gl'idi dei nusbarin" e diversi editoriali per altrettanti giornali.
Gli anni della guerra
Nel 1915 D'Annunzio ritornò in Italia dove rifiutò la cattedra di letteratura italiana perché, secondo la sua religione, non poteva prendere il posto di uno il cui nome aveva almeno due lettere in comune col suo cognome. Gabriele condusse fin da subito una propaganda interventista e il 24 maggio di quell'anno si arruolò volontario nell'esercito di sua maestà, indubbio che il motivo di questa sua scelta fu per il fascino che le uniformi avevano sul gentil sesso e per il fatto che era risaputo che una o due cicatrici di guerra facevano letteralmente sciogliere le pulzelle. Gabriele insieme alla sua squadra cominciò a fare delle dimostrazioni aeree e navali, famoso il volo su Vienna del 9 agosto 1918, una trasvolata compiuta dalla 87° squadriglia detta anche La serenissima che però tanto tranquilla non era visto che essere capitanati da un poeta mezzo pazzo e fissato con le donne non è proprio il massimo. Il volo era stato progettato dallo stesso D'Annunzio l'anno prima durante un trip a base di funghi allucinogeni e idee nazionalsocialiste. Fin da subito i suoi superiori tentarono di mettergli i bastoni fra le ruote asserendo che una trasvolata di mille km fosse troppo per l'autonomia dei loro aeroplani. Di tutta risposta il poeta sedusse le figlie degli ufficiali e, portate sopra il suo aeroplano, ebbe rapporti sessuali con loro per dieci ore consecutive dando prova che gli aeroplani potevano volare così a lungo e ricattandoli che se non gli avessero dato il consenso di effettuare il volo avrebbe fatto sapere a tutti delle loro scandalose figliolette. Un primo tentativo di volo si ebbe il 2 agosto, però D'Annunzio dovette rinunciare per colpa della nebbia; una seconda volta provarono il 4 agosto, però a dire di Gabriele la tinta del cielo quel giorno era troppo smunta per una impresa così epica; il 7 riprovarono ma purtroppo stavolta era il colore degli aeroplani: un grigiettino a non soddisfare il vate, l'8 invece era l'inclinazione di una mitragliatrice a renderlo scettico. Finalmente il 9 i compagni di plotone di D'Annunzio lo zittirono promettendogli una notte da solo con la figlia del caporal Arturo Ferrarin e l'impresa poté cominciare. Gli 11 aviatori partirono e dopo 10 ore di viaggio e dopo aver tentato di sganciare le bombe scoprirono che non avevano bombe e che erano state abilmente sostituite da un volantino da parte del vate. Potete immaginarvi la faccia che fecero tutti quegli aviatori dopo aver scoperto di aver percorso millanta miglia solamente per sganciare degli stupidi volantini.
In quegli anni D'Annunzio comprò una mitragliatrice che gli "costò un occhio della testa". Letteralmente. Nel gennaio del 1916, costretto a un atterraggio d'emergenza D'Annunzio subì una lesione all'altezza della tempia e dell'arcata sopraccigliare, urtando contro la mitragliatrice del suo aereo. Non curò la ferita per un mese e ciò portò alla perdita di un occhio. Il bello di questa storia è che è tutta vera. In questo periodo Gabriele compose il "Notturno" opera in prosa che parla della sua vita da guercio. Finita la guerra D'Annunzio si fece portatore del malcontento della gente per la vittoria mutilata e per il caro prezzi dei preservativi di lana che ormai erano diventati parte della sfera di erotismo di cui non poteva più fare a meno. Trovò un fedele sostenitore in questa politica in Benito Mussolini e nel malcontento popolare che portò in breve tempo l'avvento in Italia del liberismo sessuale.
Il culmine però dell'attivismo dannunziano si ebbe nel 1919 quando D'Annunzio insieme ad altri volontari prese possesso con la forza della città di Fiume, che le potenze alleate non avevano assegnato all'Italia nonostante D'Annunzio l'avesse occupata qualche anno prima coi carrarmatini verdi giocando a Risiko. Il 12 novembre 1920 il governo italiano tentò la mediazione con D'Annunzio che rifiutò categoricamente; due giorni dopo le truppe alleate entreranno a Fiume e lo prenderanno, come si dice in gergo militare, a calci in culo, rimandandolo a casa senza neanche passare dal via. Il bilancio delle vittime di quella battaglia fu di 12 donne fiumane stuprate in fretta e furia da D'Annunzio che non aveva ancora avuto il quinto rapporto sessuale giornaliero con loro.
La fine
Dopo le disavventure a Fiume D'Annunzio ormai troppo vecchio e stanco per combattere ancora contro i mulini a vento decise di trasferirsi in una casa nella città Gardone Riviera. La casa verrà poi chiamata da lui il "Vittoriale degli italiani" in ricordo imperituro delle sua superbia e delle sue avventure a luci rosse con una serva di nome Vittoria. Vivrà gli ultimi anni attorniato da belle ragazze nella sua villa; però nonostante questo prenderà la cattiva abitudine di masturbarsi con il calendario osé del duce Benito Mussolini. Morirà il 1 marzo 1938 per una emorragia cerebrale cadendo da una finestra di casa sua.
Bibliografia
- "Il piacere" un libro, una autobiografia: la trama parla infatti di un giovane che, andato a Roma, si lascia trasportare dai piaceri della carne innamorandosi di una donna che non lo ricambia e copula con una donna che lo ama ma non è ricambiata.
Trama banale ma comunque sempre di grande effetto, voto 7
- "L'innocente": Tullio il marito di Giuliana è un uomo che vive una vita dissoluta e tradisce millanta volte la moglie con tutto ciò che respiri e abbia un buco. Dopo che la moglie si ammala sembra che lui, pentito, si voglia riavvicinare a lei fino a quando si scopre che in realtà la donna è incinta di uno scrittore del posto. I due, nato il bambino, lo faranno stare al gelo di una notte natalizia fino a farlo morire.
Trama che tratta temi d'attualità come l'aborto e la mortalità infantile, forse un po' troppo cruento nei contenuti, voto 8,5
- "Il trionfo della morte" è uno dei libri che ha fatto rigirar nella tomba Friedrich Nietzsche: non abbiamo grandi informazioni su questo scritto visto che l'autore di questo articolo non si è neanche preso la briga di leggerlo. Secondo una leggenda, se leggi tre volte al contrario questo romanzo davanti a uno specchio, dietro di te apparirà un Nietzsche incazzato nero pronto a ucciderti con la sua bibliografia completa.
Voto 6 sulla fiducia visto che nessuno si è preso la briga di leggerlo
- "La vergine delle rocce": Claudio è un borghesotto di provincia schifato dal suo essere un umile plebeo e vuole avere almeno un erede che sia di una elevazione sociale migliore della sua. A questo proposito riallaccia i rapporti con una famiglia nobile in decadenza e a quel punto dovrà scegliere una tra le tre figlie della nobile, di cui una bella, una pura e una acculturata. Il libro finisce con lui che non sapendo quale scegliere fallisce lasciando però al lettore una domanda: ma perché non se le è fatte tutte e tre e via? Bah.
Trama...? Voto 5 per la pirlaggine del protagonista. Se vuoi fare le cose almeno falle bene brutto pirla.
- "Il Fuoco": Stelio è fidanzato con una attrice. Trombano. Lei sa che lui la tradirà. Trombano ancora. Lei parte per dei viaggi nel mondo.
Trama degna di un film porno, voto 6 per le pippe che ha donato al genere umano
- "Contemplazione della morte": Nonostante il titolo stavolta Nietzsche non c'entra niente; infatti è una raccolta di tre prose dove racconta la sua amicizia con Pascoli, quella con un tizio che nessuno conosce e di cui nessuno si ricorda il nome e della sua visita a un amico morente.
Trama migliore delle altre che mette il dubbio che a scriverla non sia stato D'Annunzio, voto 9 che sarebbe un 8 però glielo alziamo perché per una volta non è scaduto nell'erotismo.[4]
- "Notturno" o anche "Memorie di un pirla" è un racconto autobiografico che D'Annunzio scrive durante la sua degenza per via dell'occhio che si era strappato via scontrandosi contro una mitragliatrice o, secondo alcuni, a seguito di un litigio con l'amico Gauguin.
Trama scritta a occhio, sì, proprio quello che si è tirato via, voto 6
Curiosità
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- Secondo alcuni complottisti, la caduta di D'Annunzio dalla finestra della sua casa non fu accidentale ma venne perpetrata dallo spettro di Nietzsche, stanco di veder stuprare la sua filosofia dai romanzi del poeta.
- D'Annunzio è stato seppellito per sua volontà di fianco a Nietzsche. Due giorni dopo il cadavere del tedesco venne ritrovato impiccato a un albero con ai piedi un biglettino con su scritto: "Non posso sopportare la presenza di quel robo qui di fianco, pretende di saperne più di me sulla mia filosofia!"
- D'Annunzio secondo credenze popolari si fece togliere due costole per praticare l'autofellatio.
- Si crede che Hugh Hefner sia la reincarnazione del poeta.
- Si dice che un giorno Mussolini salutò D'Annunzio dicendogli "Salve a te o alato fante" e D'Annunzio, ricordandosi che il duce aveva fatto il servizio militare nei bersaglieri, gli rispose: "Salve a voi o lesto fante". Poi rivolto ai gerachi che lo accompagnavano, disse "Ma anche loro fur fanti!"
- Il passatempo preferito di D' Annunzio era girare a notte fonda nei cimiteri armato di badile, scoperchiare le bare e contemplare i cadaveri.
- La sua poesia più conosciuta e più importante: «Eia! Eia! Eia! Alalà!»
Voci correlate
Note
- ^ Il fatto che di cognome facesse D'Annunzio avrebbe probabilmente dovuto far venire dei sospetti a Paolo sulla fedeltà della moglie.
- ^ Ma soprattutto fatiscente.
- ^ Come il testo autobiografico in cui D'Annunzio elogiava uno per uno i suoi spermatozoi.
- ^ Anche perché Giovanni Pascoli che ha rapporti sessuali con un morente non è il massimo.
Questa è una voce di squallidità, una di quelle un po' meno pallose della media. È stata miracolata come tale il giorno 8 marzo 2009 col 35.1% di voti (su 37). Naturalmente sono ben accetti insulti e vandalismi che peggiorino ulteriormente il non-lavoro svolto. Proponi un contenuto da votare · Votazioni in corso · Controlla se puoi votare · Discussioni |