De bello civili
Il De Bello Civili (conosciuto anche come De Bello Gallico 2: La vendetta) è un'opera composta da Gaio Giulio Cesare in tre volumi: uno gli serviva come fermaporta, uno per pareggiare un tavolino che gli traballava, mentre il terzo veniva usato spesso per schiacciare le zanzare nelle lunghe notti estive. Oggi il suo principale utilizzo è quello di zavorra per le cartelle dei giovani liceali.
Il contenuto del libro parla di una violenta rissa avvenuta tra Cesare e Pompeo, noto fondatore della marca di intimo Pompea, con sede centrale a Pompei. Quest'ultimo aveva chiesto a Cesare di sciogliere l'esercito che aveva stanziato a Mirabilandia come premio per la conquista della Gallia. Pare infatti che Pompeo, recatosi a Ravenna con la famiglia, abbia trovato sempre tutto occupato dai soldati di Cesare. Secondo gli storici, ad aumentare la tensione tra i due, sarebbe stata una barzelletta di Cesare che storpiava il nome di Pompeo in pompino.
Libro primo
Scoppio della guerra
Cesare invia diverse lettere al Senato per risolvere pacificamente la questione. Non ricevendo risposte, decide di mandare una raccomandata con ricevuta di ritorno. Dopo aver ricevuto come risposta unicamente un vaffanculo da parte di Pompeo, decide di marciare su Roma.
Cesare quindi fa preparare una scorta di brodo da parte del cuoco (celebre la sua frase il dado è tratto, che diventerà lo slogan di punta del dado Star) e prende l'autostrada con i suoi legionari, sfondando il passaggio a livello del Rubicone. Per questo motivo, Pompeo viene incaricato dal Senato di formare un esercito per fermare l'avanzata di Cesare e fargli pagare la multa prevista di 318 sesterzi.
Pompeo manda quindi il pretore Cornelio Sfintere contro Cesare, mentre lui decide di stanziare l'esercito a Brindisi, per farsi un bicchierino prima della battaglia, come faceva sempre. Cesare attacca la città di Corfinio, che manda una lettera di richiesta d'aiuto a Pompeo; quest'ultimo, ubriaco fradicio, usa la lettera per soffiarsi il naso e la città cade, dalle scale, spezzandosi un malleolo.
Dopo aver fatto rifornimento e raccattato soldati tra i barboni, Cesare si avvia verso Brindisi, per fare due chiacchiere con Pompeo ma, giunto a Bari, quest'ultimo e la maggior parte dei senatori emigrano clandestinamente in Albania. Cesare si ricorda di essersi dimenticato di costruire una flotta prima di iniziare la guerra, perciò approfitta dell'assenza di Pompeo per costruirsela, andare a Roma, convocare il Senato e farsi un periodo di ferie a Marsiglia.
Cesare si dà al cazzeggio tra Francia e Spagna
Cesare si accorge che l'esercito aveva finito la scorta di sapone per lavarsi, fatto che causò il decesso di 34 soldati per asfissia. Così decide di andare a comprare delle nuove scorte a Marsiglia. Intuisce che Marsiglia si era schierata dalla parte di Pompeo, dopo aver saputo dell'acquisto da parte di quest'ultimo di tutte le scorte di sapone liquido. Cesare perciò si trova costretto ad assediare la città. Marsiglia era protetta per tre lati dal mare, mentre dal quarto si alzava una solida muraglia di saponette da cucina. Dopo mesi di assedio, Cesare lascia i suoi generali a dirigere le operazioni mentre si dirige in Spagna, nella speranza di trovare le agognate saponette in qualche discount. Non trova niente, ma nel frattempo massacra pompeiani per 36 capitoli di fila e conquista la Spagna.
Libro Secondo
Il secondo libro comincia con la descrizione dell'assedio di Marsiglia. I generali di Cesare cercano di conquistare la città: costruiscono macchine da guerra, giocano partite a battaglia navale, tentano di scavare un tunnel sotterraneo con un cucchiaino e regalano ai marsigliesi un cavallo di legno, ma senza successo. La situazione sembra mettersi davvero male per i romani, ormai senza sapone da mesi: l'accampamento viene dichiarato zona a forte rischio biologico e non è consentito accedervi senza la maschera antigas. I marsigliesi tentano un attacco a sorpresa, ma si ritirano subito, tappandosi il naso e lasciando decine di caduti. Dopo un'altra decina di capitoli, arriva Cesare, spuntando fuori dal nulla, a bordo di un camion dei pompieri, prende la lancia antincendio e svuota il serbatoio dell'acqua sulle mura di sapone di Marsiglia, sciogliendole, conquistando la città e saccheggiando tutte le scorte di sapone. Le truppe si lavano al fiume vicino, rendendolo così inquinato che a confronto le piogge acide sono acqua distillata.
Dopo aver reso impraticabile il fiume per i successivi 200 anni, Cesare torna a Roma e si fa nominare dittatore.
La seconda parte del libro parla di un certo Curione che si diverte a cazzeggiare con il suo esercito per l'Africa finché non viene trucidato dal re Giuba I, a cui aveva pestato un piede. Cosa c'entri Curione con tutta la storia ancora non è noto.
Libro Terzo
Cesare cerca di tenere buono il popolo con due o tre riforme a casaccio (tra cui l'abolizione del "bollo-biga"); poi rinforza il suo esercito, spargendo la voce che Pompeo volesse trasformare Roma in una monarchia di stampo persiano (sapeva che i romani non avrebbero mai sopportato di vedere ogni giorno Pompeo ricoperto di piercing e in mutande come Serse). Con il suo esercito di ultras super incazzati passa l'Adriatico e attacca Durazzo a colpi di fumogeni. Pompeo, avendo sentito la notizia raccoglie intorno a sé un esercito di albanesi.
I due eserciti si incontrano sulle rive del fiume Apso dove, per diversi mesi, Romani e Albanesi si insultano e si lanciano mattoni, finché Cesare parte per la Tessaglia, dove un capo ultrà lo aspetta con un carico di spranghe e sedie di metallo. Pompeo decide di precederlo e, arrivato a Farsalo, decide di far servire le scorte di abbacchio alla cacciatora a tutte le truppe. Intanto Cesare aveva perso tempo al casello dell'autostrada, finché si era stancato di fare la fila e aveva deciso di passare per le strade di campagna.
Poco tempo dopo Cesare e Pompeo si incontrano di nuovo e cominciano a pestarsi di brutto.
Negli undici capitoli successivi viene descritta la battaglia:
Quindi Pompeo, dopo la mazziata subita a Farsalo, decide di scappare con i due Albanesi rimasti verso l'Egitto, per chiedere asilo al re Tolomeo XIV. Quest'ultimo infatti lo manda nel migliore asilo nido del regno, dove morirà decapitato per errore dal suo compagno Potino con un paio di forbici dalla punta arrotondata. La notizia causò l'ira di Cesare, che voleva catturare Pompeo vivo, per averlo come schiavo addetto a spalare escrementi nelle stalle imperiali. Cesare quindi depone Tolomeo a calci in culo e si ciula sua moglie/sorella Cleopatra per consolazione.
Gli ultimi capitoli descrivono tutte le 127 le posizioni del Kamasutra provate con Cleopatra; le ultime parole di questo mattone sono dedicate alla punizione di Potino: "Penetratus cum arena fuit" "Fu inculato con la sabbia"