Decameron

Da Nonciclopedia, l'enciclopedia che si libra nell'aere.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
« Con un decameron non si può andar via »
(883)

Il Decameron, scritto da Giovanni Boccaccio tra il 1965 e il 1969 è una raccolta di 100 novelle legate allo spirito della rivoluzione giovanile dell’epoca, raccolte in una struttura a cornice.
Il titolo originale dato dal poeta è “Comincia il libro chiamato Tre Metri Sopra Il Cielo, Decameron per gli amici”.

Sinossi

La storia che funge da cornice è la cronaca dei dieci giorni passati da una compagnia di hippie benestanti (una sorta di contraddizione in termini, ma Boccaccio riprende il filo della filosofia del soldato Joker, imperniata sulla dualità dell’essere umano) in attesa di recarsi al festival di Woodstock del ’69.
La compagnia, formata da sette ragazze e tre ragazzi, passa due settimane nella villa fuori città della famiglia di Dione, il più ricco, discendente di un’antica famiglia di gelatai di Riccione divenuta estremamente facoltosa grazie al brevetto della coppetta in cartoncino per il gelato. Le ragazze erano state attirate con la prospettiva di esaminare personalmente la famosa collezione di farfalle della famiglia Migoni (quella di Dione) e dall’idea di passare nottate intere disquisendo di amore, rivoluzione e ideali.

Non c'è niente di eguagliabile ad una schitarrata in allegra compagnia. Bravo Panfilo!

Il primo giorno passò tranquillamente, senza particolari episodi, fino alla sera, trascorsa cantando attorno al falò acceso in giardino e sognando l’uguaglianza in Terra accompagnati dal suono della chitarra di Panfilo e aiutati da una quantità di droghe leggere (e non) pari a quella che si poteva trovare in quel periodo durante una settimana intera in un luogo chiamato dal poeta Mur’Atzi Delpo (trascrizione incerta).

Le canzoni che venivano cantate prima dell’incombere della fame chimica sono le novelle precedentemente citate. C’è poi una stasi narrativa che rispecchia il senso di apatia caratterizzato dall’attesa del pony express de “Gli amici del kebab”.

Il secondo giorno i tre ragazzi decisero di scoprire le carte e confessare il loro scarso interesse per gli ideali e la politica e rivelare la loro ardente passione per il sesso di gruppo. Per le ragazze non fu un problema concedersi (cliché delle hippie ninfomani, molto caro al Boccaccio che nella sua opera spesso sottolinea come il mondo sia mosso da una forza, la FIGA, spesso tradotta erroneamente come Fortuna, e dall’Amore, concetto utopico non ancora completamente decriptato) con l’eccezione di Lauretta. La ragazza, peraltro sofferente di meteorismo ed epicondilite, non volle cedere alla tentazione del sesso libero, in quanto si era ripromessa di farlo solo quando avrebbe trovato il principe Azzurro - che però, a sua insaputa, era morto di AIDS.

Dopo essere stata schernita per la sua gobba e il porro sul naso (era una schifezza di persona), Lauretta minacciò di avvertire le forze dell’ordine del possesso da parte del gruppo delle camionate di Afghano e Marijuana. Gli amici la rinchiusero quindi in uno sgabuzzino senza né luce né finestre, in balìa di sé stessa e del proprio gas.
In fin dei conti fu un affare per il gruppo considerato che le altre sei ragazze erano state scambiate per un gruppo di modelle svedesi, mentre Lauretta era un roito disumano.

La compagnia amoreggiò per i tre giorni successivi interrompendosi solo per scambiarsi le descrizioni delle proprie allucinazioni, sotto forma di novelle come questa:

Ho visto la madonna
« Minchia regà, ho visto la madonna! »
(Novella raccontata da Fiammetta, la più lunga dell’opera)

Il sesto giorno Filostrato otturò tutti i servizi igienici di villa Migoni e per protesta ognuno disse il cazzo che gli pareva, fregandosene delle canzoni e delle allucinazioni (giornata a tema libero).

Il settimo giorno fu caratterizzato dal tentato suicidio di Fiammetta.
Esasperata dal buio, la solitudine e la puzza, rimpianse il fatto di non indossare né reggiseno (simbolo dell’oppressione maschile), essendo aderente al movimento femminista, né biancheria intima (“perché mi irrita”), in quanto non aveva nulla con cui impiccarsi. Cercò quindi di farla finita prendendo a testate una parete che però crollò rivelandosi di cartongesso.

Non fate come Fiammetta: portate sempre con voi un simpatico tanga come questo, potrebbe essere utile per ogni evenienza!

La ragazza, appena riassaporata la libertà e l’aria pulita, venne prontamente legata, imbavagliata e tappata (il suo intestino oramai produceva lo stesso rumore di una Alfa Romeo Arna con la marmitta sporca) dagli amici, ancora risentiti per le minacce, e venne offerta come vittima sacrificale a Francesco Guccini (il mangiabambini con la barba, un allegoria di Satana) in nome della pace.
In questa giornata le dieci novelle sono tutte canzoni di Guccini, intonate dalla compagnia mentre “aiutavano Fiammetta a ricongiungersi con madre natura e il barba”.<

La badessa Usimbalda, buona e santa donna, protagonista di una celebre novella

Gli ultimi tre giorni della cornice trattano il viaggio verso Bethel, N.Y. (sede del tanto agognato festival) che distava un oceano, ma che i dieci nove volevano raggiungere senza mezzi propri per sentirsi come i propri fratelli delle classi sociali meno abbienti. Riuscirono a nascondersi nella stiva di una nave e arrivare appena in tempo negli USA, nutrendosi esclusivamente di topi di sentina.

Durante il viaggio i ragazzi sparano cazzate a tutto andare, viste le facoltà mentali oramai del tutto offuscate dal THC; cazzate che compongono le ultime novelle, senza un tema fisso.


Con questa opera Boccaccio vuole esprimere il proprio odio per i monregalesi, i terroni, i polentoni, i neri e le mozzarelle e i virtussini e l’importanza di un giusto connubio tra sesso, droga e rock ‘n’ roll.


Voci correlate