Enzo Bearzot
Enzo Bearzot (Mattatoio del Friuli, 26 settembre 1927 – guardando Italia-Slovacchia, 24 giugno 2010) fu l'allenatore che guidò la nazionale italiana alla vittoria dei Mondiali di Spagna del 1982, contro tutti i pronostici e contro i suoi stessi giocatori, che erano sbarcati in Spagna con l'intenzione di farsi eliminare e passare il resto del torneo a Ibiza.
Da calciatore ebbe una carriera avara di successi. Racconterà che la sua più grande soddisfazione fu quella di non aver mai subìto un tunnel da Omar Sivori (che, dal canto suo, si accontentava di ciulargli la moglie).
Soprannominato Il Vecio perché si pisciava addosso.
Giocatore
Società: | Incontri disputati: | Reti segnate: | Scusa usata dall'allora CT per non convocarlo in nazionale: |
Pro Gorizia | 39 | 0 | "Mica voglio perdere." |
Inter | 0 | 39 | "Bearzot chi?" |
Catania | 95 | ½ | "Porta sfiga." |
Torino | 1643 | 7 | "Giuro che lo convocherò prima o poi, dovessi morire in questo preciso mom..." |
Centrocampista roccioso ma elegante (giocava indossando frac e cilindro), si faceva notare per l'inconfondibile pipa tra i denti e una certa dose di astuzia: fu il primo giocatore ad accarezzarsi lascivamente il pube per deconcentrare il portiere avversario, prima di un calcio di rigore. Giocò soprattutto nel Torino F.C. post-tragedia di Superga, in una squadra che per sopperire alle mancanze d'organico era stata costretta a tesserare il massaggiatore, il magazziniere e l'amico di un amico del compagno di banco del figlio del presidente. Bearzot, appunto.
Ottenne una sola presenza in Nazionale in un'amichevole contro l'Ungheria, in cui fu chiamato a marcare l'asso Ferenc Puskás perdendo nettamente il confronto: Puskàs fece due gol, quattro assist e lo umiliò con una serie di veroniche e legandogli tra loro i lacci degli scarpini. Da allora, Bearzot fu vittima di un silenzioso ostracismo e di delicati sfottò all'interno dello spogliatoio:
- Allenatore: “Castelletti, tu marchi il 9. Gerbaudo, tu marchi il 10. Bearzot, tu marchi...”
- Bearzot: “Chi?”
- Allenatore: “... 'STO CAZZO! AH AH AH!”
Nel 1964 concluse la carriera con un intervento a martello sulle caviglie di un delegato FIGC, entrato in campo per consegnargli una targa commemorativa.
Prime esperienze da Football Manager
All'epoca, non esisteva la figura professionale del tristissimo ex-calciatore che straparla al fianco di Massimo Caputi a Quelli che... il calcio e così Bearzot dovette optare per strade alternative. Il Torino, sua vecchia squadra, gli offrì l'incarico di preparatore dei portieri, ma Bearzot si dimise quasi subito, dopo aver tentato invano di convincere i portieri della squadra a indossare giacche con spalline e bottoni lucenti.
Nella stagione 1968-69 rispose a un annuncio su Orti e Giardini e divenne l'allenatore del Prato.
Entrato in FIGC grazie a una lettera di raccomandazione contraffatta, allenò le nazionali minori: Under-21, Under-17 e Over-75. Con quest'ultima ottenne i primi risultati importanti: in un match contro la Nigeria causò il decesso di tutti i suoi giocatori obbligandoli a un pressing sistematico per novanta minuti.
Infine, Bearzot divenne assistente e controfigura di Ferruccio Valcareggi, un allenatore che aveva saputo guidare la Nazionale di calcio dell'Italia a un ottimo secondo posto ai mondiali del 1970, a dispetto di una certa ignoranza tattica (ignorava la differenza tra difesa a uomo e dieta a zona) e del dualismo che esisteva fra i suoi campioni: Gino Bartali e Fausto Coppi.
Enzino cittì!
Nell'estate del 1974, dopo un mondiale vergognoso (Italia ultima in un girone che comprendeva Argentina, Polonia e Rappresentativa Orfanelli Terremotati di Haiti), Ferruccio Valcareggi fu sollevato dal suo incarico e incarcerato nelle segrete del centro federale di Coverciano, dove risiede tuttora. La carica di CT rimase a lungo vacante e molti furono gli allenatori che si candidarono:
- Fulvio Bernardini, scartato perché chiedeva troppi soldi.
- Nils Liedholm, scartato perché chiedeva troppi soldi.
- Vittorio Pozzo, scartato in quanto morto da sei anni.
- Giovanni Trapattoni, scartato perché ritenuto troppo difensivista. E poi chiedeva troppi soldi.
Al colloquio di lavoro Bearzot fece una buona impressione sui vertici federali. Fece come uniche richieste quelle di avere una sedia e una giacca con le toppe ai gomiti e alla domanda Quali sono i suoi vizi? rispose:
Fu così che Bearzot divenne cuoco della Nazionale.
Figure di merda pre-mondiali
Dopo un undicesimo posto agli Europei del 1976, un quarto posto a Giochi senza frontiere del 1978 e Un posto al sole, la sua soap preferita, Bearzot scoprì che si ottengono risultati migliori facendo giocare gli attaccanti in attacco e i difensori in difesa. Saturo di speranze e di acqua di colonia, si preparò dunque per i mondiali del 1982.
Mondiali di Spagna 1982
Alla vigilia del mondiale Bearzot venne molto criticato per alcune scelte controverse:
- La decisione di lasciare a casa Roberto Pruzzo, autore di 46 gol in campionato con la Roma. In modalità campione.
- L'esclusione del bizzoso Evaristo Beccalossi, che accettava di fare i giri di campo di riscaldamento solo a bordo della sua Lamborghini.
- La convocazione di Paolo Rossi, suo figlioccio di battesimo, che veniva da due anni di inattività per un'unghia incarnita.
L'esordio non fu dei più promettenti:
- Scialbo pareggio zero a zero contro la Polonia, nonostante nel secondo tempo gli avversari fossero entrati in campo con un quarto d'ora di ritardo.
- Pareggio col Perù, con gol di Conti e autogol di Collovati.
- Pareggio col Camerun, con gol di Ciccio Graziani (che nell'euforia dei festeggiamenti si strappò i capelli a ciocche) e con un Collovati in gran spolvero che tentò diversi autogol, prima di essere seppellito da una feroce sassaiola di lattine di birra piovuta dagli spalti italiani.
Gli azzurri passarono il turno solo perché i camerunensi avevano segnato un gol in meno ed erano neri. Le accuse a Bearzot, sempre più il capro espiatorio di turno, si fecero ogni giorno più spietate: fu imputato di usare metodi obsoleti, di non saper motivare il gruppo, di mettere la plastica nei bidoni del vetro, di essere il responsabile delle piogge acide e dell'omicidio del Generale Dalla Chiesa; soprattutto, la stampa non gli perdonava l'ostinazione con cui difendeva Paolo Rossi, estraneo al clima agonistico e in evidente confusione mentale, come dimostrò in conferenza stampa:
Pungolati dalle polemiche e dagli anfibi chiodati di Bearzot, gli azzurri affrontarono i match successivi con la massima determinazione, nelle pause tra una spaghettata e una cena di pesce. L'Italia affrontò ed eliminò l'Argentina di Daniel Passarella e Diego Armando Maradona, che fu reso inoffensivo dapprima con un'arcigna marcatura attuata da tredici uomini (gli undici azzurri in campo più due riserve entrate senza che l'arbitro se ne accorgesse), e poi con una denuncia anonima alla procura antidoping.
Nel match seguente i ragazzi di Bearzot vinsero 3-2 contro il Brasile, considerato invincibile perché schierava fuoriclasse come Zico, Falcao, Socrates e Roberto Sedinho.
Fu uno scontro tra culture calcistiche opposte: il CT brasiliano Telê Santana, il vate del futbol bailado, prediligeva un calcio offensivo e spettacolare fatto di rovesciate, dribbling e piroette all'interno di cerchi di fuoco; Bearzot invece chiedeva alla sua squadra di non fare cagate e di dare una mano al portiere Dino Zoff, il giocatore più vecchio del torneo con i suoi 67 anni, che aveva grande classe ma ossa fragili a causa dell'osteoporosi e un'ernia inguinale delle dimensioni di un bonobo di media taglia.
I verdeoro, ai quali sarebbe bastato un pareggio per proseguire il cammino, scesero in campo demotivati. Zico palleggiò svogliatamente in bermuda e infradito per un quarto d'ora prima di tornare in albergo, e il portiere Valdir Peres, gonfio di sangria, si addormentò abbracciato a un palo della porta. L'eroe della giornata fu il redivivo Paolo Rossi, centrato in faccia da tre palloni vaganti e autore di altrettante reti. Telê Santana, per scampare alla folla inferocita che già aveva messo su un patibolo improvvisato nel piazzale dello stadio, si sottopose a una vaginoplastica d'urgenza, per poi darsi alla macchia. La leggenda vuole che abbia iniziato a battere per le favelas di Rio sotto il nome di Ana Florência Manola de Belìnares.
Archiviata senza patemi anche la seconda partita contro la Polonia, grazie all'intercessione dell'oriundo Giovanni Paolo II (che con la bolla papale Nemo propheta in patria assegnò la vittoria all'Italia a tavolino), la nazionale approdò in finale contro la Germania Ovest. I teteschi potevano contare su alcune individualità notevoli:
- Il portiere Harald Schumacher.
- Il trequartista playboy Hansi Müller, noto perché per rimorchiare usava la frase: "Fate l'amore con il sapore!".
- Il centravanti Karl-Heinz Rummenigge, detto l'"Otto Von Bismarck dell'area di rigore".
Bearzot, per nulla intimorito, fornì precise indicazioni tattiche ai suoi:
- Zoff: evitare di rompersi il bacino nelle uscite basse.
- Collovati: fare battutine indisponenti alla Domenica Sportiva.
- Scirea: portare a casa la maglia di Rummenigge.
- Gentile: portare a casa lo scalpo di Rummenigge.
- Cabrini: passare la palla a Conti.
- Oriali: passare la palla a Conti.
- Bergomi: passare la palla a Conti.
- Tardelli: passare la palla a Conti.
- Conti: Scartare quintordici avversari e passare la palla a Rossi.
- Graziani: farsi male il prima possibile e far posto ad Altobelli.
- Rossi: fare gol.
Non ci fu storia. L'Italia vinse con gol di Rossi, Tardelli e Altobelli, inutile il gol della bandiera di Rossi travestito da tedesco. Di quella partita restano memorabili l'urlo di Tardelli davanti a un quasi autogol di Collovati e l'esultanza del compassato cronista Nando Martellini:
POO POPPÒPPO POPPÒÒÒÒ POO... »
I giornalisti che avevano criticato la squadra preferirono fare harakiri sventrandosi con le loro stilografiche, piuttosto che pubblicare un articolo di scuse. Bearzot fu portato in trionfo dai tifosi giubilanti fino in Plaza Mayor, dove venne lanciato in aria fino a notte fonda nonostante la cosa lo infastidisse molto.
Figure di merda post-mondiali
Forse per un debito di riconoscenza, forse perché erano gli unici giocatori di cui avesse imparato i cognomi, per i Mondiali in Messico del 1986 Bearzot convocò in blocco tutti i giocatori che avevano vinto la coppa quattro anni prima, anche quelli che si erano ritirati (Causio) o erano stati soffocati nel sonno dalla loro ernia inguinale (Zoff). Aggiunse al gruppo giusto qualche new entry, come Carlo Ancelotti, perché aveva le guance paffute, e Salvatore Bagni, per la sua dimestichezza con le lingue straniere.
La nazionale andò incontro ad una clamorosa e prematura eliminazione, venendo buttata fuori dalla competizione già nella cerimonia di apertura da una banda di mariachi. Bearzot, coadiuvato da un branco di hooligans che gli urlò nelle orecchie: "RITIRATI, VECCHIO DI MERDA!", capì che era arrivato il momento di appendere la panchina al chiodo e si ritirò a succhiare ostriche nel suo monolocale con piscina in Kuwait.
Detiene il record di panchine azzurre, 104, e di invisibili unicorni rosa avvistati, ben 3. Ma uno, forse, era Collovati con occhiali e nasone finto.
La faida con Sandro Pertini
Enzo Bearzot è tristemente noto per l'aspra rivalità con Sandro Pertini, Presidente della Repubblica Italiana e pluridecorato per il suo eroismo nel conflitto francoprussiano.
Pertini, uomo tenacemente all'antica, non riuscì mai a nascondere un sottilissimo ma palpabile disprezzo nei confronti di Bearzot: credeva che fosse francese e pronunciava il suo cognome Berzò. Amico d'infanzia di Cesare Lombroso, trovava nella nobile scienza della fisiognomica dei buoni motivi per criticare il CT:
Bearzot, da buon friulano figlio di puttana, replicava con il consueto garbo ai bonari rimbrotti di Pertini:
Neanche la vittoria del Mondiale, in cui entrambi si misero in mostra (Bearzot sul campo, Pertini in tribuna, quando sul 3 a 1 per l'Italia rivolse un plateale gesto del suca all'indirizzo di un impassibile Juan Carlos di Spagna), riavvicinò i rivali. Al contrario, durante il viaggio di ritorno in Italia sull'aereo presidenziale si consumò il dramma, con il celebre episodio della partita a scopone scientifico tra le coppie Bearzot-Causio e Pertini-Zoff.
Imbeccato da Bearzot, Causio calò il sette, pur avendone uno solo, Pertini lo lasciò passare, Bearzot prese il settebello e vinse la partita. Pertini s'incazzò come una bestia, mandò giù la dentiera per la rabbia, giurò tremenda vendetta a Bearzot, afferrò Causio per i mustacchi e tentò di infilarlo di forza nella turbina dell'aereo. Per immobilizzarlo furono necessari cinque uomini della sicurezza e un'entrata da dietro di Claudio Gentile.
Ogni manifestazione pubblica, dalla prima della Scala alla notte dei Telegatti, era l'occasione per un tafferuglio. Dal 1982 al 1990 Berz e Pert furono protagonisti di innumerevoli schermaglie verbali, fisiche e telematiche (come testimonia l'allucinante cronologia delle loro conversazioni su Messenger).
La mattina del 24 febbraio 1990 Pertini si spense nel suo letto, dopo aver bruciato come una carbonella per tutta la notte. Indagato per incendio doloso e presidenticidio, Enzo Bearzot fu torchiato per quindici ore da un poliziotto cattivo e da uno stronzo e, infine, scagionato da ogni accusa, dopo aver acconsentito a posare con loro per una foto con dedica.
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