Gaio Ofonio Tigellino
Gaius Ofonius Tigellinus, conosciuto anche come Sofonio Tigellino (Agrigentum, 10 circa - Sotto una cicciona, 69), è stato un politico romano. Fu prefetto dei vigili e capo della Guardia pretoriana sotto Nerone. Lo stare sotto qualcuno era la sua posizione preferita, e questo è assodato. Per reprimere la congiura contro l'imperatore piromane, suicidò costrinse Lucio Anneo Seneca al suicidio.
- Tigellino : Ahò! Te vòi sbrigà che c'è er derby!
- Seneca : Mi sarei già tagliato le vene di braccia e gambe, che altro dovrei fare?!
- Tigellino : Tiè! Bevete 'sto quartino de cicuta, così la finimo in fretta!
- Seneca : Com'è umano lei!
Tigellino era un rozzo leccaculo privo di scrupoli, praticamente fu il precursore del moderno politico.
Biografia
La data di nascita non è certa, però è abbastanza sicuro che venne al mondo... forse mondo è leggermente esagerato, diciamo che venne alla Sicilia. Secondo gli storici era di origini greche, a conferma di questo i pessimi voti nelle sue versioni di latino. Come tutti i siciliani dell'epoca, il giovane Tigellino sognava tre cose:
- andarsene al più presto da quella landa desolata in cui crescono solo i fichi d'India;
- una brillante carriera militare;
- 'u sticchiu!
La sua famiglia era di umili origini, talmente umili che la prima parola pronunciata da bambini era "scusate". Lui era di tutt'altra pasta, un egocentrico, un paraculo come ce n'erano pochi. Dopo aver detto alla madre "Esco a comperare una ricarica", cosa che aveva lasciato la donna inebetita, sparisce da Agrigento, per ricomparire (alcuni mesi dopo) nel letto della sorella dell'imperatore Caligola. Il come sia potuto arrivare in così poco tempo alla corte imperiale è un mistero, certo è che la sorella di Caligola fiutava una bella scopata a circa trenta chilometri, meglio di un avvoltoio con una carogna. Fu accusato di adulterio, ma invece di subire la pena prevista (che consisteva nella rimozione dello scroto a pedate), per intercessione della troia nobildonna fu solamente esiliato.
Primi incarichi
Fu richiamato in patria da Claudio, zio di Caligola, che gli concesse in gestione tutti gli ippodromi di Puglia e Calabria. Divenne in poco tempo schifosamente ricco, ma si giocò tutto ai cavalli scommettendo a Capannelle[1]. Alla morte del nipote, Claudio divenne imperatore e sposò come quarta moglie Agrippina Minore, madre di Nerone. Con la morte di Caligola si estinsero anche i debiti di Tigellino, pagati da un misterioso benefattore.
Oramai era inserito a corte più della corona di alloro imperiale. La storia ci ha sempre insegnato due cose fondamentali:
- avere un killer efficiente al proprio servizio fa sempre comodo,
- non averlo contro è anche meglio.
In effetti, la straordinaria morìa di quel periodo fece riflettere parecchia gente, compresa la signora Agrippina. La donna si chiese, per circa dieci secondi, se fosse meglio essere moglie di uno che comanda o comandare attraverso qualcuno. Suo figlio Nerone era perfetto, aveva esattamente quello che serviva per realizzare il suo piano, era un cretino.
Tigellino si lasciò convincere per il bene di Roma... un incarico di prestigio strapagato, una villa vicino Caserta e una giovane schiava di Bononia specializzata nel fare i pom tortellini. Per "sistemare" Claudio (e non fare le solite cose truci con schizzi di sangue su tutte pareti) si avvalse della collaborazione di una certa Lucusta, valente erborista giunta dalla Gallia ma preceduta da una sinistra fama di avvelenatrice seriale. Le ultime parole di Claudio furono:
Il prestigio
Sotto Nerone divenne prefetto dei vigili del fuoco, con uno stipendio sontuoso e una biga blu a sua disposizione. Era arrivato in cima ma tutto questo non gli bastava, per arrotondare aveva organizzato un sistema di contribuzione volontaria diversamente legale, che consisteva nel togliere le multe a pagamento, prendere il pizzo dai venditori di lupini del Colosseo e dai gladiatori in cambio di falsi certificati medici d'invalidità.
Per giustificare la paga ricevuta (quella regolare) scrisse il Pizzardonis, in cui descrisse le regole base del mestiere di vigile urbano[2], ancora oggi valide.
Nerone lo volle a capo della guardia pretoriana, subito dopo aver letto per caso una ricevuta trovata in terra, con sopra scritto: Sicari per ammazzare il giuggiolone: 300 sesterzi. Grazie a lui fallì anche la congiura di Pisone, nella quale fu coinvolto anche Seneca. Gli errori di Gaio Calpurnio Pisone furono almeno due: quello di ubriacarsi di Falerno proprio mentre era a cena con Tigellino, e quello di usare una frase imprudente come: "Quello stonato del cazzo presto sarà terra pe' li ceci!". Riferita la cosa a Nerone, ricevette l'incaricò di scoprire tutti i cospiratori, con ogni mezzo. Tigellino era un uomo feroce ma anche pieno d'inventiva e, anticipando di quasi due millenni Joseph McCarthy, ideò il 3x2, simpatico gioco che permetteva al sospettato di denunciare tre persone per salvare se stesso e un parente a scelta. Finirono sterminati i due terzi della popolazione dell'Urbe.
La morte
Grazie al repulisti accrebbe di molto il suo influsso su Nerone, ma l'insurrezione guidata da Galba era alle porte. Tigellino capì subito che il golpe aveva buone probabilità di successo, gli indizi erano eloquenti: i pretoriani non lo lasciavano più vincere a battimuro, sua moglie gli fece firmare un'assicurazione sulla vita, e suo cugino (che aveva un'attività di pompe funebri) tentava continuamente di prendergli le misure col metro. Per ingraziarsi Galba gli Offrì Nerone su un piatto d'argento, lasciandolo senza protezione e con un pugnale ben affilato a portata di mano. Morto il piromane, Tigellino aveva iniziato a servire fedelmente[da verificare] il nuovo imperatore, ma dopo appena sette mesi di governo i tempi erano maturi per un nuovo avvicendamento. Con una formidabile azione di voltagabbanismo, che avrebbe fatto ben presto scuola, Galba fu deposto e assassinato dai pretoriani, che elevarono Otone. Quest'ultimo iniziò a maturare un comprensibile ragionamento: avere Tigellino nei paraggi equivaleva probabilmente a star seduto in mezzo ad un branco di leoni sporco di sangue di gazzella. Temendo l'ennesima piroetta del prefetto, oramai considerato più letale di una faina nel pollaio, o comunque un portasfiga con i controcazzi, gli ordinò di suicidarsi tramite taglio della gola[3].
Note
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