Genovesi

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« Genova per noi che stiamo in fondo alla campagna. »
(Paolo Conte dopo essersi cappottato a Molassana.)
« Òmmo picìn, tùtto belìn![1] »
(Il ministro Brunetta in visita ufficiale a Palazzo Ducale.)
« Abelinou no ti o l'é, ma i fùrbi gh'àn âtra faccia[2] »
(Marinaio di Sottoripa rivolto a Sandro Bondi)

I Genovesi sono gli abitanti di Genova. Pur essendo italici, le loro usanze sono curiose e bizzare e del tutto analoghe a quelle degli Ouandè del basso Mali. L'antropologo e industriale Levi-Strauss ne ha studiato costumi e pantaloni a lungo, addivenendo, nella sua famosa opera "Ouva", a questa lapidaria conclusione: "Sti zeneixi a mi me pan tùtti bulicci."[3].

Un genovese nella sua dimora. Si noti lo stridente contrasto fra l'abbigliamento da finto povero e le ricchezze accumulate.

Caratteristiche fisiche principali

L'evoluzione della specie ha reso i genovesi piccini e minuti. In questo modo riescono a risparmiare sul cibo, sulla stoffa per i vestiti e riescono ad entrare al cinema pagando il biglietto ridotto. Inoltre hanno acquisito la visione notturna, così da non dover pagare la bolletta dell'Enel. Una percentuale consistente della popolazione genovese è infine dotata del potere "ipnotismo", che viene usato per non pagare il conto al ristorante e anche altrove.

Habitat

La stanza più importante della dimora del genovese è senz'altro la dispensa/magazzino/garage, ovvero tutti quei luoghi dove si possono ammassare le cose utili e soprattutto quelle inutili. Infatti il genovese, per principio, "non butta via mai niente". Alla luce di ciò non importa se la cucina è un loculo e nel salotto c'entrano solo due sedie e il gatto. Il fattore importante, che determina anche il valore della casa, è poter disporre di un ripostiglio capiente.
In dispensa vengono accantonati, oltre a prodotti alimentari che permettono l'autosufficienza fino al 2035, altri articoli non di prima necessità. A titolo di esempio possiamo elencare:

  1. la collezione completa di Diabolik, così "quando ne ho voglia li rileggo";
  2. la vanga rubata durante il servizio militare "mi può venir bene per uccidere la suocera";
  3. il vecchio telefono analogico "che poi prende valore come modernariato";
  4. i quaderni della scuola elementare "che sono un ricordo";
  5. il primo dildo in lattice naturale "questo è proprio da conservare!";

Sono inoltre presenti, in qualsiasi dispensa genovese che si rispetti, migliaia di vestiti di tutte le fogge e di tutte le misure, derivanti da lasciti, eredità, legati, comodati d'uso e donazioni, la carrozzina di ferro usata dalla zia Aldemira e alcune anfore tramandate dagli antenati che vivevano sotto Teodosio il Grande.

Temperamento del genovese

Parsimonia

Questo milionario genovese ha appena ritirato dei capi di vestiario dalla Caritas più vicina.

Il luogo comune relativo alla parsimonia dei genovesi è assolutamente privo di ogni fondamento. I genovesi sono soltanto attenti e previdenti pater familias. Anche se hanno in banca 100 milioni di euro e 12 appartamenti lussuosi ad Albaro, i genovesi conducono una vita frugale, magari indossando i vestiti che chiedono come finti poveri alla Caritas. In questo modo i genovesi tendono a non dare nell'occhio, essendo la loro primigenia paura quella di essere rapiti dalla ndrangheta o dagli alieni.
Va rilevato, a titolo di cronaca, che ai genovesi piace molto vedere i film porno alla rovescia e specialmente la scena che raffigura la prostituta nell'atto di dare del denaro al cliente prima di aver una relazione peccaminosa con lui.

Carattere introverso

Il genovese prima di farsi un amico ci pensa bene. Un amico, infatti, si deve di tanto in tanto invitare a cena, magari ti può chiedere una pinza in prestito o peggio ancora, dei soldi. Quindi il genovese prima di intraprendere un rapporto amichevole dovrà avere la certezza che il rapporto sia a lui favorevole.
Se l'amico chiede la pinza, lui chiederà una tenaglia, se l'amico chiede un libro, lui chiederà un'enciclopedia. A causa di questa esigenza i genovesi hanno usualmente come amici i naixaneggia[4] che sono pieni di palanche e non chiedono mai niente.
Anche rispetto alle semplici conoscenze il genovese accorto ci va con i piedi di piombo. Un saluto è sempre un saluto. Bisogna muovere le labbra, addirittura fare un sorrisetto di convenienza, dire qualche frase di rito: "come va, come non va...". Alla fine dei conti il genovese preferisce non salutare o se proprio deve, fa un movimento impercettibile delle sopracciglia e un ammiccamento inespressivo.

Sono talmente longevi che fin dai tempi antichi hanno creato una popolazione gerontocomio compatibile solo con se stessa; le mummie che girano per la città vestono solo abbigliamento filo-scozzese per non dare nell'occhio: infatti

« Sembrano dei plaids camminanti o delle coperture da cavalli »

(parere della gente che è rimasta a Genova almeno due settimane da farsi un'idea della moda).

Mugugni

Il genovese tipico deve sempre lamentarsi di qualcosa. È questo l'atto del mugugnare, che si differenzia dal lamento perché è indipendente da qualsiasi dato oggettivo. Ecco un esempio.
Se piove, il genovese esclamerà "piove, piove, sempre pioggia!", se invece è una giornata di sole: "che caldo, che afa!", se c'è un clima temperato: "non piove, quest'anno ci razionano l'acqua!", se c'è un clima temperato piovoso: "che umido, come è bello quel freddo secco che c'è a Torino!", se c'è un freddo secco: "che gelo tremendo!".
Una regola del galateo genovese vuole che ad un mugugno è necessario rispondere con un mugugno consono. Chi rispondesse ad un mugugno con un: "ma no, signora, guardi che all'ospedale c'era una fila accettabile" potrebbe essere linciato sul posto. È invece tollerato un mugugno su un altro argomento: " già, che fila! E pensi che al mercato orientale hanno aumentato di prezzo i pomodori".

Schiettezza

Il genovese non è diplomatico. Lo ripeto: il genovese non è diplomatico. Se vi deve dire qualcosa di spinoso lo farà. Se vi deve insultare lo farà. Se vi deve mandare a cagare lo farà. Se vi deve dare una testata lo farà.
Allora, pezzenti, siete degli stronzi, andate a cagare, tumb, crock!

Disagio psichico

Disagio psichico creativo.

A Genova è presente il più alto numero di psichiatri e di scuole psichiatriche di tutta Italia esclusa Arcore.
A parte gli psichiatri che sono diventati tali per autocurarsi, ciò viene considerato un indice ragionevole per considerare i genovesi ad alto rischio di disagio psichico.
Le cause di questo male oscuro sono ancora indefinite. Alcuni ritengono che ciò sia dovuto alla mancanza di spazio, aggravata dalla discesa degli unni nei mesi estivi. Altri credono che dipenda da un principio attivo presente nel basilico. Alcunaltri risalgono infine ad una maledizione lanciata da Fantozzi durante una crisi mistica.

Pietanze tipiche

  1. Salame di Sant'Olcese. Salame uguale a tutti gli altri, però con la scusa di andare a comprarlo dal produttore a Sant'Olcese si può fare un giro con la tipa e da cosa nasce cosa; sconsigliata la frase: "Lo sai che ho un salamino proprio qui."
  2. Prescinseua. Formaggio ibrido, metà prodotto caesario, metà essere vivente dotato di anima. Non dovete mai dargli le spalle. Una volta acqustato mangiatelo subito prima che si riorganizzi ed inglobi la vostra casa fra le sue proteine.
  3. Pandolce. Su questo c'è poco da scherzare. Tenetevi pure il panettone e il pandoro.

Polisemantica del "belin"

La parola belin è la parola principale del vocabolario genovese e può essere usata quasi sempre visto che significa tutto e il contrario di tutto. Alcuni etnolinguisti assicurano che usando le seguenti cinque parole è possibile conversare amabilmente con gli autoctoni: "belin", "ohua"[5], "mussa"[6], "fugassa"[7], "salùo"[8].
Ma ecco i significati più diffusi, fra gli oltre 8000, della parola belin:

Dentro l'apposita mano potrebbe esserci uno degli 8000 significati del vocabolo "belin".
  1. Belin. È l'organo riproduttivo maschile ma anche un'esclamazione per indicare felicità, rabbia, consenso, entusiasmo, nostalgia, depressione, maschilismo, servilismo, onnipotenza, femminilità, indignazione, coscienza del proprio valore.
  2. Belan. Come sopra ma con un tocco di classe. Chi dice belan non dice le parolacce. Sta tornando di moda fra i giovanissimi, alla ricerca di nuove terminologie per dire le stesse cose.
  3. Belandi. Usato soprattutto a Castelletto e dagli ecuadoriani per darsi un tono con i loro conterranei appena arrivati.
  4. Porcu Belin. Espressione forte attraverso la quale si mostra disappunto verso il belino che provoca spesso dissapori e nascite non autorizzate. Molto usato dai coltivatori di basilico.
  5. Me ne batto u belin. Non mi interessa.
  6. Abelinato/Abelinou. Reso tonto a causa di un evento o una persona: un incantesimo, un venditore porta a porta, una bagascia.
  7. Belin d'un belin. Termine che esprime sorpresa: Oh, belin d'un belin, che belin grossu che ti ghè!
  8. Nileb. Usato dai satanisti liguri durante le loro cerimonie nelle quali cercano di trasmutare il pesto in sangue demoniaco.

Genovesi famosi

Su Cristoforo Colombo non credo sia il caso di dilungarci. Ecco invece alcuni genovesi non così famosi ma comunque degni di essere ricordati.

  1. Il Gabibbo. Giullare mezzosangue. Come molti genovesi è dovuto emigrare perché a Genova lavoro non c'è. Come molti genovesi fa il buffone alla corte di un signorotto lombardo.
  2. Donato Bilancia. Rockstar e cazzaro dell'hinterland genovese. Quando si rese conto che come musicista nessuno se lo filava, si arrabbiò di brutto ed iniziò ad uccidere alcuni fans di Micheal Jackson. Un suo recente epigono si chiama Luca Delfino.
  3. Bocca di Rosa. Cortigiana. Bocca di Rosa è un personaggio reale. L'epiteto con il quale è conosciuta è dovuto ad una sua proverbiale abilità che non può essere qui specificata nel dettaglio, ma intanto voi che leggete l'avete capita. In virtù di questa abilità si attrasse però l'ira funesta delle cagnette a cui aveva sottratto l'osso... poi le cornute furono apostrofate... arrivarono quattro gendarmi... qualcuno si prenotò per due ore... e perfino il parroco non la disprezzava.
  4. Giobatta Bracciocorto de' Paperoni. Magnate ed avo del più noto Paperon de' Paperoni. Sposò Avarizia de' Paperoni, un'ebrea scozzese. I loro figli sono Bracciocorto jr., Spendopoco, Parsimone e Tirchiolino.
  5. Mazinga Zetto. Supereroe. A differenza del suo omologo giapponese, Mazinga Zetto è un robot costruito in casa con materiale di scarto. È comunque altrettanto valido ed efficace. La sua base principale è situata sul Monte Fasce[9].

Note

  1. ^ L'uomo piccolo ha il pisello grande.
  2. ^ Tonto non sei ma i furbi hanno un'altra faccia.
  3. ^ Questi genovesi mi sembrano tutti dell'altra sponda.
  4. ^ I naixaneggia sono gli annusanebbia, cioè i padani che vivono perennemente fra le brume nebbiose.
  5. ^ È un'interezione molto comune, non significa niente.
  6. ^ Bugia, frottola ma anche organo riproduttivo femminile.
  7. ^ La mitica focaccia.
  8. ^ Ciao.
  9. ^ Per maggiori informazioni c'è il video.

Voci correlate