Gladiatore

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Un gladiatore mentre tenta di domare una bestia feroce.
« Ave Cesare, morituri fanculo te mandant! »
(Saluto tipico dei gladiatori)
« Schiavo, l'Imperatore ha scelto te. Dovrai scegliere se duellare con la tua spada contro un barbaro, combattere contro una belva feroce oppure, come ultima opzione, affrontare la moglie dell'imperatore in quei giorni lì »
(Il consigliere dell'imperatore a un gladiatore)
« Mah, preferisco una partitina a poker, ho un po' di mal di testa... »
(La risposta del gladiatore)

I gladiatori erano atleti professionisti molto popolari nell'Impero Romano, specialisti nello sbudellarsi a vicenda. Il nome deriva da gladio (piccola spada), riferito al pene, poiché alcuni combattimenti dei gladiatori, specie quelli più dotati, si svolgevano con l'ausilio del proprio membro. I personaggi più ricchi dell'epoca erano soliti offrire al popolo spettacoli in cui i gladiatori si fracassavano di botte, invece della solita partita di calcio amichevole Roma-Lazio. In genere i gladiatori erano schiavi, criminali condannati a morte o psicopatici conclamati; a volte venivano costretti a combattere anche reietti di cui il popolo si voleva liberare, come pubblicitari e testimoni di Geova, che alla fine però finivano sempre per vincere sfinendo l'avversario di discorsi astrusi e soffocandolo con volantini e opuscoli vari (anche quando l'avversario era una bestia feroce). Gli scontri si svolgevano in particolare in grandi anfiteatri, come il Colosseo, ma a volte l'imperatore poteva ospitare i combattimenti a casa propria, quando la mamma era fuori a fare la spesa.

Svolgimento del combattimento

Prima del combattimento i gladiatori venivano addestrati duramente nelle discipline belliche quali il pugilato, il maneggio di armi varie, l'equitazione, le tabelline, il riporto del bastone, l'uncinetto, il bricolage e le sfide a Pokémon. Quando l'imperatore intendeva offrire uno spettacolo al popolo per far dimenticare l'ultimo aumento delle tasse, mandava la sua servitù in giro per la città a pubblicizzare la battaglia, offrendo ai partecipanti più grandi una notte gratis nel bordello di Poppea, e ai più piccini una simpatica ascia da guerra, ancora insanguinata, autografata dalla star dell'epoca Massimo Decimo Meridio. La scelta dei combattenti avveniva di solito in base a selezioni volontarie, nelle quali lo schiavo poteva scegliere se scendere nell'arena o essere sbudellato immediatamente. Se non si trovavano volontari si passava alle eliminatorie primarie, disputate con scazzottate, parolacce o quiz di cultura generale, o in alternativa con l'infallibile e scientifico metodo dell' ambarabaccicciccò. Durante la battaglia l'anfiteatro somigliava molto a un odierno stadio: folle festose, cori gioiosi e bandiere allegramente colorate, venditori ambulanti di prelibatezze e lanci di carretti di legno (completi di asino e carrettiere) dagli spalti. Gli spettatori erano soliti parteggiare ora per l'uno, ora per l'altro gladiatore, e si sfidavano dalle rispettive platee declamando con foga stornelli quali "MASSIMO, MASSIMO, CHE CCE FREGA DER GERMANO, NOI C'AVEMO MASSIMOOO!" e "NOI SEMO EREDI DEI CESARI, VOI DE LI CESARONIII!".

I giochi

Una volta entrati in campo i gladiatori si dava il via allo spettacolo. Le sfide in cui il gladiatore si cimentava erano molte e varie, tra cui:

Vittoria o sconfitta

Il gladiatore che risultava vincitore aveva diritto a una ricompensa, ad esempio:

  • se era schiavo, poteva riavere la libertà;
  • se era libero, poteva avere la schiavitù;
    Il vincitore talvolta si abbandonava a volgari esclamazioni di trionfo.
  • arruolamento nell'esercito dell'imperatore;
  • una notte con la moglie dello sconfitto, se questo ne aveva una, altrimenti una notte direttamente con lo sconfitto;
  • un week-end per due persone a Disneyland;
  • un rifornimento per un anno di tortelli Giovanni Rana;
  • bustine di figurine dei calciatori Panini del campionato 2340/2339 a.c.

In caso di sconfitta, il perdente poteva essere ucciso direttamente dal vincitore, se richiesto a furor di popolo e approvato dall'imperatore, altrimenti doveva subire pesanti umiliazioni:

  • inchinarsi dinanzi al trionfatore e leccargli le suole dei calzari;
  • farsi urinare addosso;
  • venire sculacciato con un battipanni;
  • ricevere una pesante supercazzola;
  • sodomizzazione da parte di tutto il tribunato, in ordinata attesa del proprio turno con tanto di numerino;
  • girovagare per la città vestito da Gino il pollo;
  • denudarsi davanti al pubblico per venire scherzato per le dimensioni del suo "gladio";
  • intonare canzoni senza senso restando in equilibrio su un piede solo, usando lo scopino del cesso come microfono, il tutto con una carota infilata nel deretano.

Il pollice verso

L'imperatore Fonzie I, l'inventore del pollice verso.

Alla fine di ogni incontro, mentre il perdente giaceva riverso per terra in fin di vita, l'imperatore decideva le sue sorti esprimendo il verdetto tramite l'esibizione del pollice. Se alla fine dell'incontro il suo dito pollice veniva portato all'insù, con un gran rullo di tamburi e un "OOOLEEE!" finale, significava che il perdente veniva risparmiato. Se invece l'imperatore volgeva il pollice in basso, voleva dire che non riteneva il malcapitato un valoroso guerriero o che gli stava semplicemente sul cazzo, e il perdente riceveva quindi il colpo di grazia direttamente dal vincitore, con grande spargimento di frattaglie e un gran divertimento e grosse risate per i bambini. A volte capitava che l'imperatore, volendo fare lo stronzo, alzava inizialmente il dito per illudere il poveretto, poi faceva un gran pernacchia, abbassava il dito, diceva "E cce credevi eh? A scemo!" e se la rideva di gusto. Se l'imperatore alzava il dito indice, significava solamente che doveva scaccolarsi, se se lo avvicinava al culo doveva grattarsi, e se alzava il dito medio significava che voleva mandare a fanculo qualcuno.

Curiosità

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  • Per quanto i gladiatori si potessero sforzare, oggi non riuscirebbero a tenere testa ai calciatori in quanto a morti sul campo.
  • Massimo Decimo Meridio era un gladiatore talmente esperto che scendeva in campo con una penna biro.
  • Se mio nonno aveva un scutum era un mirmillone.

Voci correlate