Il Foglio
Il Foglio di Giuliano Ferrara è stato il primo giornale d'Italia a essere pubblicato su un tovagliolo di ristorante, venne chiamato il foglio per la sua caratteristica di assorbire l'unto.
Composizione
Dal 1992 ha cambiato formato ogni anno, evolvendosi in un vero quotidiano (più o meno), riuscendo a vendere un numero intero positivo di copie. Inizialmente la redazione occupava solo un piccolo ufficio al centro di Milano. Con l'espandersi della redazione (ovvero di Giuliano Ferrara) però, la metratura è salita fino all'occupazione di ben 3 uffici contemporaneamente, in modo da ospitare comodamente le abbondanti parti del corpo della redazione. I 3 uffici sono dislocati a Milano, Napoli, Venezia.
Scalata verso la vetta
Dal 1992 il Foglio crebbe sempre più, fino a diventare una vera testata giornalistica. Venne assunto il famoso artigiano Peppe Schillaci per le rubriche di attualità e gadgets, e aumentati i salari a quelli che cercavano di scappare. Non si sa molto della restante storia del Foglio, poiché gli archivi vennero misteriosamente mangiati nel 2001, il colpevole non è stato mai trovato.
Parolacce
Il Foglio contiene più o meno 122 parolacce ogni edizione, la più gettonata è senz'altro "Vaffancuore", ma nella top ten figurano anche parolacce meno famose come "stupidino", "figlio di un Robot", "Mi sei d'impiccio", "Gargaroz", "Scrubs" e/o "Grumoz". "Calè calò". "Alé". L'usanza di inserire 122 parolacce si pensa derivi dall'antico popolo degli indios, una specie di tribù che come unico obiettivo ha quello di cucinare e mangiare erbette dalla mattina alla sera. È esattamente lo stesso popolo che Giuliano Ferrara giurò di odiare in una sua intervista nel 1988, questo dimostra il forte legame tra le culture del cibo e delle parolacce tra gli indios e gli italiani. "La loro mania di erbette" dice G.F., "non ha fatto altro che galvanizzare i dietologi. Penso che il mondo sarebbe un po' più tondo se queste tribù fossero civilizzate..." qui i registri sono diventati illeggibili a causa di macchie di unto e briciole di tramezzino. Ma il significato sembra essere il totale disprezzo delle usanze erbettiane.