Musca macedda
Musca macedda | |
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Musca macedda impertinentis | |
Classificazione scientifica | |
Regno | Animali bestiali |
Sottoregno | Bestie animalesche |
Phylum | Pure troppo |
Famiglia | Insetti leggendari |
Genere | Pessimo |
La musca macedda (o maghedda o makhedda) è forse la più importante delle creature leggendarie stabilmente residenti in Sardegna. Rappresenta a buon diritto il livello estremo raggiunto dalle popolazioni sarde in fatto di follia degenerativa, conseguita peraltro senza abuso di sostanze psicotrope.
Ancora oggi la maggior parte dei sardi, sebbene di statura maggiore rispetto agli avi, ha una paura fottuta della musca macedda. Dovrebbe essere piacevole trovarsi nei panni di una musca macedda: tutti ti temono, tutti si prostrano innanzi a te... peccato che non esista.
Tra mito e realtà
Della musca macedda non si era mai sentito parlare fino al Medioevo, quando le condizioni igieniche peggiorarono sensibilmente rispetto all'epoca nuragica. Tutto il luridume circolante, oltre a diffondere innumerevoli malattie, costituì un substrato irresistibile per ogni sorta di insetto, in special modo la mosca comune. Nugoli di mosche invasero in breve tempo tutti gli spazi che erano appannaggio della bestia umana, che in quel frangente sviluppò un'evoluzione parallela: a un certo punto dalle vertebre coccigee spuntò una coda simile a quella degli asini, che serviva appunto a scacciare le mosche, sempre più grandi ed invadenti. Mancando gli antagonisti in grado di tenerle sotto controllo, le mosche assunsero man mano dimensioni sempre più ragguardevoli, fino a raggiungere la stazza di una pecora non tosata da due anni. Le code che erano spuntate agli uomini non erano più sufficienti a tenerle lontane e la situazione stava degenerando pericolosamente, quando giunsero inaspettati gli Americani, che dovevano esportare la periodica dose di democrazia. Con le loro armi intelligenti sterminarono quasi tutte le mosche giganti; quelle superstiti furono ridotte in schiavitù. Le code che erano cresciute agli uomini, divenute inutili, si seccarono e caddero al suolo.
Da rompiballe a guardiani di tesori
La musca macedda era dotata di un pungiglione mortale per veneficità e per dimensioni: assommava in sé i vari Holmes, Pontello, Mandingo e Siffredi; inoltre amava pungolare da tergo le proprie vittime.
Quando gli ultimi esemplari superstiti furono ridotti in schiavitù, furono messi per lo più a guardia dei tesori nascosti dai ricchi feudatari della Sardegna medievale. Si presentò subito un problema: i tesori erano senz'altro al sicuro dai ladri, ma erano anche irraggiungibili dai legittimi proprietari, infatti chi avrebbe mai avuto il coraggio di affrontare una musca macedda? La conseguenza inevitabile fu che i ricchi feudatari divennero poveri in canna, poiché non potevano più disporre delle loro ricchezze; il popolo continuò a essere povero, cornuto e mazziato; gli ultimi esemplari di musca macedda morirono d'inedia perché nessuno gli portava da mangiare. Forse quest'ultima conseguenza non è stata così negativa.