Navajo
benedite la mia casa
fatta di fango, resina e eternit.
Benedite la mia famiglia
fatta di sangue, midollo, osso.
Esclusa la suocera, ovvio.
Benedite il mio televisore al plasma nuovo di pacca,
che mi è costato tre stipendi. »
I Navajo erano un pacifico popolo di nativi americani che vennero ferocemente sterminati da Tex Willer e Kit Carson tra una bistecca e l'altra.
Etimologia
Il nome Navajo deriva da NavaAJÒÒÒ!, una parola pellerossa dal significato sconosciuto (i dizionari dell'epoca sono andati perduti). Il termine viene tuttavia usato ancora oggi nell'entroterra sardo quando ci si chiude un dito nella portiera dell'auto.
Storia e società
I Navajo mossero i primi passi nella fredda Alaska. Attorno al 1500, incazzati per i continui raffreddori e per lo scarso successo ottenuto come venditori di freezer e condizionatori, decisero di trasferirisi in località più assolate. Si stanziarono quindi nei territori compresi tra Arizona, Colorado e Bitonto.
Le popolazioni pellerossa locali sul momento non la presero molto bene, ma poi capirono che i Navajo erano ancor più pappemolli degli Amish e iniziarono a deriderli e a sfruttarli: gli lasciavano bombe merda davanti alla tenda, si facevano prestare il tagliaerba per poi tenerselo, e ogni tanto organizzavano qualche bella razzia con tanto di incendi e scotennamenti. I Navajo sorridevano cortesi, porgevano l'altra chiappa e non reagivano mai.
I Navajo infatti erano una tribù che disapprovava l'uso della violenza: non esattamente la scelta più felice da fare nel selvaggio West, dove se andavi a far la spesa e la cassiera non aveva il resto da darti eri autorizzato a spararle.
Oltre che per la loro indole mite, i Navajo erano vessati anche per via della loro inettitudine in ogni campo. Non erano eccellenti costruttori di fuoristrada come i Cherokee, non sapevano pilotare elicotteri come gli Apache, erano così rammolliti che anche da solo l'ultimo dei Mohicani riusciva a picchiarli tutti senza sudare.
Riuscivano a sopravvivere grazie a una dieta a base di rape e alla fitta rete commerciale che li legava a tutti i maggiori commercianti della zona. I Navajo erano rinomati per la loro abilità nel baratto, e fregarli era praticamente impossibile. Tra i loro migliori affari:
- pepite d'oro in cambio di saponette.
- argento in cambio di dopobarba.
- gioelli in cambio di buoni sconto per la lavanderia.
- tappeti in cambio di sorprese trovate nelle merendine.
- diamanti in cambio di macinacaffè.
- caviale in cambio di penne bic.
- tartufo bianco in cambio di vecchi 45 giri dei Dik Dik.
Avevano anche curiose regole sociali, come il rispetto verso le donne. Nelle tribù Navajo lo sposo cucinava e lavava i piatti, andava a prendere i bambini a scuola, si ricordava senza sollecitazioni esterne del compleanno di sua moglie e non rispondeva alle paranoiche domande di lei con grugniti e/o rutti.
In più non era previsto il divorzio. Però non era considerato reato spaccare la testa della propria consorte con un'ascia.
Il massacro
Mentre attorno a loro la Guerra di secessione americana esplodeva in tutta la sua violenza e creava ogni giorno nuove rivalità e inimicizie tra bianchi e tribù indiane, i pavidi Navajo continuavano farsi i cazzi loro e a sorridere alla vita nonostante questa riservasse soltanto pestaggi, bombe merda e rape scondite.
Un giorno lo stregone Guano di Quaglia si presentò al baretto con una faccia inspiegabilmente cupa. Mentre pucciava una rapa dentro al consueto bianchino disse ai presenti: "Oggi sarà una brutta giornata!"
"Perché dici questo, saggio Guano di Quaglia? Hai forse interrogato qualche stella? Hai sentito il Vento Sacro?"- gli chiesero alcuni Navajo spaventati. Altri ridevano credendolo pazzo: del resto Guano di Quaglia era diventato stregone grazie a uno zio che lavorava al Ministero e ai corsi CEPU.
"No" - rispose tetro lo stregone, "Ho guardato stamattina il meteo sul televideo: ha previsto pioggia per tutta la giornata."
Le sue parole si rivelarono esatte, anche se in un altro modo. Quello stesso giorno, all'ora di pranzo, un fitto nuvolone di polvere all'orizzonte fece presagire l'arrivo di forestieri.
Erano Tex Willer e i suoi pards alla guida del Settimo Cavalleggeri. Stavano cercando una bisteccheria di cui avevano sentito parlare un gran bene: in realtà era una panzana messa in giro da Mefisto, il loro acerrimo nemico, per fargli fare un giro per niente.
- Tex Willer: “Presto, oste! Portaci un container di braciole, un rimorchio di patatine fritte e una cisterna di lambrusco!”
- Navajo: “Ma.. ma... veramente noi abbiamo solo rape...”
- Tex Willer: “COSA? RAPE? AVETE SENTITO, MIEI PARDS? MASSACRIAMO QUESTI MUSI ROSSI BASTARDI!”
I soldati si lanciarono sui Navajo e ne fecero scempio. Non contenti, incatenarono i pochi superstiti e li portarono in una riserva nel New Mexico dove li costrinsero a lavorare in un fast food, in segno di ulteriore spregio alla loro alimentazione equilibrata e povera di grassi.
Come tutti i nativi americani, i Navajo superstiti traggono il loro sostentamento dall'apertura di ricercatissimi casinò, dalla partecipazione a spettacoli teatrali nelle peggiori bettole di Broadway e dalla progressiva vendita della loro dignità.
Bibliografia
Per chi fosse interessato ad ottenere una conoscenza esaustiva, completa e ai limiti del fanatismo da nerd sui numerosissimi e niente affatto interessanti avvenimenti della storia Navajo, il Comitato di Disinformazione di Nonciclopedia consiglia di comprare (nota bene: comprare, non leggere) i seguenti titoli editi dal comitato di Disinformazione di Nonciclopedia:
- Yvonne Cazzaminchia, La rivolta di Peto Tonante
- William Williamson, Lo sterminio dei Navajo e altri malaugurati incidenti di percorso
- Sam Samson, De campeign for de American Uest
- Bjorg Bjorgson, Monumenti funebri indiani, da Casal Pusterlengo al Wyoming
- Craig Vancimuglio, Apache, Navajo and Space Invaders
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