Nazionale di calcio del Brasile

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Nazionale di calcio del Brasile
(Nome)
(Stemma)
Federazione Casa del Fascio
Soprannome Seleçao
Allenatore Mano Menesez
Giocatore dal nome più corto Ze (detto Catilinho Arantes Joao de Andrade Antunes Coimbra)
Record di gol Senho Io
Miglior vittoria Brasile - Dopolavoro Ferroviario Sao Paulo 84-5
Pareggio da ricordare Brasile - Brasile 90-90
Sconfitta più bruciante Brasile - Nazionale italiana cantanti 0-1
« Sen sa ssiu nna lli, amisci. Questa è una squadra sen sa ssiu nna lli. »
(José Altafini sulla nazionale di calcio del Brasile)
« Goooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
ooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
oooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooool! »
(Pacato commento del telecronista brasiliano a un gol della sua nazionale)


Con cinque Campionati del Mondo vinti, la nazionale di calcio del Brasile è la squadra più titolata del pianeta dopo la Germania di Hitler, che dal 1938 al 1943 ne vinse sei.
Detiene l'invidiabile record di aver vinto tutte le edizioni dei Mondiali a cui ha partecipato, ad eccezione di quelle vinte da altre squadre. Veste una casacca color giallo canarino che curiosamente i cronisti chiamano verde-oro, oppure una gialla e blu, e in questo caso si fa chiamare Svezia.

Storia

La data di nascita è ignota, così come è ignoto il nome del padre, mentre sono certi sia quello del Figlio che dello Spirito Santo.
Quello che si sa è che, alla sua prima apparizione su un campo di calcio, il Brasile ammaliò tutti col suo futbol bailado: undici ragazzi in mutandoni che si esibivano a ritmo di samba fregandosene del pallone.
Col passare degli anni si affinarono sempre più e cominciarono anche a capire le regole del calcio. Da quel momento fu un'escalation irresistibile verso il tetto del mondo[citazione necessaria].

Tattica

Lo spogliatoio verdeoro dopo una sconfitta

Durante i primi 100 anni di storia, la tattica fu per il Brasile un'optional; l'unico modulo conosciuto era lo 0-0-10, nel quale il portiere stava in porta e tutti gli altri andavano all'attacco in maniera sconsiderata. Degno di menzione è il Brasile del 1982 che, con l'ex chitarrista Carlos Santana in panchina e una pletora di calciatori fenomenali come Falcao, Leao, Alemao e Maramao, riuscì nell'impresa al limite dell'impossibile di resuscitare l'italiano Paolo Rossi che non faceva gol da oltre trent'anni.

Fu solo con l'avvento alla guida tecnica di Carlos Dunga, che da calciatore in Italia aveva dato spettacolo[1], che la squadra divenne più concreta e rovesciò il ridicolo Credo originario che la voleva votata all'attacco alla ricerca spasmodica del bel gioco. Dunga fece sua la filosofia acquisita in Italia del Prima di tutto giocare male poi, se abbiamo culo e gli avversari sono pirla, magari vinciamo pure.

Perché amare questa squadra?

Tipica esultanza dei giocatori dello Stato di Pernambuco.

La Nazionale di calcio del Brasile è l'unica squadra al mondo che, quando segna, anche gli avversari sono contenti perché possono lustrarsi gli occhi guardando sugli spalti dove le tifose fanno vedere le tette e shakerano il culo. Inoltre è un inno all'integrazione razziale perché tra le sue fila è possibile trovare giocatori bianchi, gialli, neri e lillà, tutti professanti religioni diverse, come amano mostrare dopo ogni gol: non è raro che un brasiliano esulti indicando il Cielo con le dita o che esibisca una maglietta della salute con scritto Io appartengo a Dio, ed è altrettanto comune vederne altri che estraggono un gallo dai calzoncini, lo sgozzano a centrocampo e improvvisano un rito voodoo; alcuni particolarmente trasgressivi, inscenano delle messe nere e sacrificano un compagno della panchina a Satana.

Il Brasile ai Mondiali

La finale dei Mondiali del 2002, vinti dal Brasile.

Dopo le prime disastrose edizioni nelle quali subì solo sonore sconfitte, e a seguito di un pianto che non finiva più, la FIFA acconsentì che i Mondiali fossero organizzati in casa del Brasile e con le regole che volevano loro. Quando dico che i mondiali furono organizzati in casa del Brasile, intendo dire proprio in casa, con i mobili e con tutto. Fu prescelta la casa del calciatore più rappresentativo, Ze Zinho, che non era tanto grande, una sessantina di metri quadri, ma era capace di esaltare i brasiliani per i numerosi muri sui quali fare sponda e per le foto di donne nude e Madonne piangenti appese alle pareti.
Poco ci mancò che quel Mondiale lo vincesse davvero il Brasile: persero solo nella sfida decisiva con l'Uruguay, ma sia la squadra che il Paese la presero con filosofia suicidandosi in massa.

Fu necessario attendere il 1958 e una generazione di talenti eccezionali come Didì, Vavà, Pelè, Kakà, Mimì e Cocò, per vedere il Brasile trionfare. Da allora fu un crescendo straordinario culminato con il bis nel 1962 e il tris nel 1970.
Un dettaglio da non sottovalutare è che in quelle edizioni il Brasile fu l'unico partecipante. Dopo il 1970, per i verde-oro tornarono gli anni bui che terminarono solo con l'ascesa al potere della dinastia dei Ronaldi, con il capostipite Ronaldo detto Il magro[2] e suo figlio Ronaldinho detto Ronaldinho, coi quali i sudamericani rinverdirono i fasti del passato conquistando altri due titoli in campionati del mondo giocati, senza nessun motivo apparente, in USA e in GETTA Corea-Giappone.

I Campioni di Sempre

Per i mondiali del 2010, grazie alla chirurgia plastica, i brasiliani adotteranno la tattica innovativa che vedete qui sopra .

A parte i già citati Ronaldo e Ronaldinho, non vanno dimenticati Ze Ronaldo, Rolando, Rolandinho e Ze Rolando, Orlando, Orlandinho e Ze Orlando, Rivaldo, Rivaldinho e Ze Rivaldo, Romario, Romarinho e Ze Romario, Maria, Marinho e Ze Maria.

Curiosità

  • Artur Antunes Coimbra de Jesus dos Santos era detto Zico perché per scrivere il nome intero avrebbero dovuto utilizzare anche la parte davanti della maglietta, oppure stenografarlo.
  • Una legge statale del 1990 obbliga i portieri ad avere un doppio nome dei quali, almeno uno, deve essere o Julio o Sergio.

Note

  1. ^ Lo spettacolo consisteva nello spaccare le gambe agli avversari che tentavano di saltarlo.
  2. ^ Per prenderlo per il culo.

Voci correlate

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