Osvaldo Bagnoli

Da Condiclodepia, l'onciclepadia disclesica.
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« Il calcio è un gioco semplice, non sono indispensabili astruserie come il pressing e la zona. L'importante è avere la fortuna di trovare gli uomini per metterli poi nei posti giusti. »
(Bagnoli ci spiega il motivo della vittoria dello scudetto del Verona)
« Dite che con Pancev bisogna avere pazienza perché è della Macedonia? Sarà... ma io sono della Bovisa e la macedonia non mi piace. »
(Bagnoli su Pancev)
Bagnoli mentre tenta di capire il linguaggio di Pancev. "Sarà bergamasco", pensa.

Osvaldo Bagnoli (Bovisa, mica pirla - 3 luglio 1935) è un allenatore di calcio italiano.
Dimenticato da Dio (per il fatto di aver sempre allenato delle provinciali) fu l'allenatore dell'Hellas Verona vincitore dello scudetto dell'85, e per questo ha ricevuto la benedizione da San Germano Mosconi. Da allenatore dell'Inter invece non ebbe molte soddisfazioni, a causa di una squadra di bidoni spacciati come campioni, come Bergkamp, Pancev e Schillaci.
Fu anche calciatore, ma sicuramente era una pippa.

Carriera

Nato da una famiglia povera, il padre operaio e la madre casalinga, Osvaldo aveva un futuro già segnato: in fabbrica. Da piccolo, giocava a pallone per le strade della Bovisa, a piedi nudi, con i sanpietrini a fare da palla. Era quella la sua passione: il calcio. Un giorno fu notato da un osservatore del Milan, che gli propose di entrare nelle giovanili rossonere.

Calciatore

Quando fu in macchina con l'osservatore, questi gli chiese:

- Osservatore: “A che scuola vai?”
- Bagnoli: “Ho finito la scuola”
- Osservatore: “Quindi sei diplomato”
- Bagnoli: “Si, dopo la seconda elementare mi hanno dato un diplomino. Poi sono andato a lavorare”
- Osservatore: “E le scarpe dove le hai messe?”
- Bagnoli: “Scarpe? Cosa sono le "scarpe"?”
Come vedete, su Wikipedia le informazioni su Bagnoli sono abbondantissime.

Nonostante le difficoltà dovute alla povertà della sua famiglia, Bagnoli riuscì ad entrare nel Milan, dove fu provato come difensore. Il ruolo tuttavia non si adattava a lui così lo provarono come punta, poi come mediano, poi come mezz'ala, poi come libero, e infine, dopo averlo provato anche come portiere, portaborracce, portapacchi e porta, decisero di metterlo in panchina e farlo entrare qualora mancassero i giocatori necessari.
Seguirono alcune stagioni al Verona, all'Udinese, al Catanzaro, ed infine alla Spal. A proposito di quest'ultima, ci rimangono alcune parole dette dallo stesso Bagnoli a proposito della Spal:

« Ricordo benissimo quando passai allo Spal, sono stato 3 ore sull'autostrada del sole a cercare la città di Spal! »

Così dopo due esaltanti stagioni nella formazione spallese, tornò all'Udinese. Così, perché gli andava.

Allenatore

Si sa, la pazienza ha un limite. E così quando ormai nessun team lo voleva tra le sue schiere, Osvaldo decise: avrebbe fatto l'allenatore. Fu un ingenuo figuro, un certo Carlo Pedroli, a convincerlo.
La prima formazione allenata dal "mago della Bovisa", è la Solbiatese, pluriblasonata formazione della serie C. L'avventura tuttavia si interruppe all'ottava di ritorno, quando mandò fuori dagli spogliatoi il presidente entrato nell'intervallo per consigliargli una mossa tattica:

- Presidente: “Ma che cazzo fai! Si può sapere che formazione hai fatto scendere in campo?”
- Bagnoli: “Senta, se il mio schema, lo 0-0-11, non le piace, non mi interessa. Ora, se permette, è pregato di uscire”
- Presidente: “Ma questo è matto... (esce imprecando)”

Fu così che Bagnoli provò l'emozione dell'esonero. "È come vedere l'Inter vincere", dirà.

La prestigiosa bacheca dei trofei di Bagnoli. A sinistra (nascosto dalla parete) potrete notare il premio del suo progetto di scienze alle elementari.

Tuttavia Osvaldo di amici ne aveva, e anche molto scemi. A consigliarlo sulla panchina del Como è Pippo Marchioro, un suo vecchio compagno dei tempi del Catanzaro. Marchioro, come il Pedroli sopracitato, è tuttora ricercato in 6 regioni italiane.
L'avventura sulla panchina del Como, tuttavia, non si rivelerà un fiasco. Con un sesto posto, infatti, la squadra lombarda era promossa in serie A. Però si sa, Bagnoli non era un pirla[citazione necessaria], amava le sfide, e così rinunciò a una panchina nella massima serie per allenare il Rimini, in serie B, con il quale ottenne una salvezza. Quando si dice fare un salto di qualità.
Ma il vero salto di qualità lo fece allenando il Fano, squadra semi (anzi leviamoci questo semi) sconosciuta, che militava in serie C2. Osvaldo non ritenne di dover fare troppo il difficile. In fondo, il mestiere gli piaceva e non c'era bisogno di coltivare esagerate ambizioni per farlo bene. Del resto il Fano veniva da ben █ anni in serie █. Con la formazione fanese[1] Bagnoli ottenne subito una promozione in serie C1, grazie all'apporto dello stopper Nessuno, il mediano Qualcuno e gli attaccanti Caio e Sempronio, con i quali ottenne l'anno dopo anche la promozione nella serie cadetta.
Lasciato il Fano, Bagnoli raggiunse la promozione in serie A col Cesena. Sembrava tutto fatto per il suo esordio nella massima serie, e invece, una chiamata dell'Hellas Verona rovinò i piani della squadra romagnola, che sperava di portarsi il "mago" in serie A.
Bastarono tuttavia solo due anni a Bagnoli per allenare finalmente nella massima serie. Dopo la promozione ottenuta con la squadra gialloblù, infatti, Bagnoli decise di rimanere nel team veneto, e di seguire la sua avventura tra le grandi.

Lo scudetto con il Verona

Tuttavia nessuno si sarebbe aspettato un tale exploit dei veneti. Nella prima stagione in A, infatti, il Verona collezionò un quarto posto e una finale di Coppa Italia. Il segreto di Bagnoli era: prendere giocatori a fine carriera, oppure scartati dalle grandi, un po' come il Milan di oggi, solo un po' più modesto.

Garella turbato alla vista di un pallone.

In Veneto approdarono:

  • Claudio Garella, portierone pluri-paperato proveniente dalla Sampdoria.
  • Antonio Di Gennaro, dal Perugia, il che è tutto un dire.
  • Roberto Tricella, dall'Inter, dove aveva collezionato, in due anni, la bellezza di 5 presenze. Al momento di cederlo, il presidente interista Ivanoe Fraizzoli non si ricordava nemmeno chi fosse.
  • Luciano Marangon, dal Vicenza. Nel suo palmarés vantava un campionato di serie B. Pensate un po'.

Con questi -ed altri- campioni, nell'84 il Verona giunse nuovamente in finale di Coppa Italia, perdendo però, per la seconda volta, cosa che fece imbestialire Bagnoli. Del resto, due finali perse consecutive, manco fossero il Benfica. Tuttavia al Verona bastarono poche mosse per diventare una squadra perfetta: venduti gli unici giocatori buoni (Dirceu e Oddi), Bagnoli fece giungere alla sua corte: Giuseppe Galderisi, detto anche "il fantasma dell'area di rigore", scartato dalla Juventus, Luciano Bruni, rifiutato dalla Fiorentina, Hans-Peter Briegel, il suo giardiniere, e Preben Elkjær Larsen, giocatore danese che aveva ben figurato nell'Europeo dell'84 segnando sei reti. In allenamento.
Il campionato è una corsa esaltante: la Juve uscì presto dalla corsa-scudetto, la Roma non ci entrò mai, l'Inter... ma che dico! L'Inter era una pippa! Insomma, andando a giocare ogni partita con gli avversari sicuri di vincere tra la sottovalutazione di tifosi e giocatori, il Verona si ritrovò primo in classifica. Ovviamente, come tutte le piccole che cominciano bene, i veronesi subirono un calo, tuttavia le avversarie principali, Juve e Roma, erano ormai troppo lontane. L'Hellas era Campione d'Italia. Da non crederci, eh?

Ecco un giocatore del Verona campione d'Italia. Chi è? Non lo so nemmeno io.

È successo al Cagliari, è successo alla Lazio, è successo al Torino: lo scudetto resta un caso isolato. E infatti il Verona non si saprà ripetere, giungendo nella stagione 1985/86 al decimo posto. Per un periodo, i veneti puntarono pure sulla Champions League. Chiedevano troppo, e infatti uscirono subito.
Negli ultimi anni il Verona giungerà sempre a metà classifica, finché, piena di debiti, non è retrocessa in serie B.

Genoa e Inter

Finita l'esperienza veneta, Bagnoli si rifugiò nel Genoa. Per i tifosi genoani era un periodo nero: la Sampdoria viveva il suo momento d'oro, conquistando scudetto e Coppa delle Coppe, mentre loro erano costretti a rosicare. Il presidente Spinelli (sì, il Gabibbo che ora è presidente del Livorno) decise allora di puntare su Osvaldo Bagnoli, il quale si mosse subito sul calciomercato: il giocatore più richiesto in assoluto dall'allenatore lombardo era il cane di Vujadin Boskov, non potendolo comprare, però, si decise di declinare su di un giocatore dalle qualità simili: José Perdomo.
Il Genoa non aveva grandi nomi in squadra, tuttavia la formazione era di tutto rispetto. Fiore all'occhiello era l'attacco, composto dagli stranieri Skuhravy (gigante cecoslovacco tonto, ma capace di metterla dentro) e Aguilera (puttaniere e goleador). Il risultato fu un incredibile quarto posto, che valse al Genoa la sua prima partecipazione alla Coppa UEFA. Lì, dopo aver sconfitto i fortissimi spagnoli del Real Oviedo, si ritrovarono contro il Liverpool, che sconfissero in due match (2-0 e 2-1). Il Genoa è tuttora l'unica squadra italiana ad aver battuto i reds. In semifinale però, i liguri si dovettero arrendere ai galletti dell'Ajax Chante Claire.
Il risultato fu comunque notevole, e così il presidente interista Pellegrini, decise di puntare su di lui per riportare in alto il nome dei nerazzurri. La scelta in sé non era sbagliata, ma come poteva Bagnoli allenare una squadra di stranieri, se non sapeva neanche l'italiano? L'Inter vantava infatti una rosa composta da: Mathias Sammer (ceduto per per far posto a Manicone!!!), Darko Pančev (che non chiamava proprio) e Ruben Sosa (da lui considerato "la pippa che però segnava tanto").
Tuttavia dopo un avvio stentato (sconfitta persino dall'Ancona, che non giocava in serie A), l'Inter trovò gioco e continuità. La stagione si chiuse con un ottimo secondo posto, che gli garantiva la presenza in Coppa UEFA.
L'anno seguente, però, è avaro di consolazioni: la campagna acquisti porta a Milano i soliti bidoni: Wim Jonk (che lui chiamava "il Gionk") e Dennis Bergkamp, ennesimo campione rivelatosi una sega. Giocatori come Pancev e Bergkamp si lamentano, e, come se non bastasse, i "vecchi" campioni, come Walter Zenga, rompono le palle. La situazione è ingovernabile, e a febbraio viene esonerato. Sarà quella interista la sua ultima esperienza in panchina. Ora, se lo volete rivedere, andate a Verona, vicino all'arena, e vedrete un uomo, col basco, con la faccia incazzata, che parla di calcio. È lui, Bagnoli, maestro del... ecco... vabbè, maestro.

Voci correlate

Note

  1. ^ Non saprei come chiamarla.