Pietro Franza
Pietro Franza è un imprenditore messinese, proprietario di taverne e barche da pesca da asporto, noto per essere il distruttore del calcio messinese e l'importatore di una politica spiccatamente locale, fondata sul disinvestimento e l'assenza di motivazione. Causa la rigida infanzia, tuttora è alle dipendenze di sua madre, Olga Franza, che ancora si occupa della sua paghetta, del mantenimento dei suoi figli e di tutto il resto.
L'Infanzia
A causa di un esperimento genetico andato a buon fine, Pietro Franza fa parte di quel centinaio di uomini del mondo che disprezza il calcio e i suoi tifosi e si dedica esclusivamente alle bocce, al softball e al tiro con l'arco. Quest'ultima attività rigorosamente di nascosto, perché pare che nel 2005 sia stato sgridato da sua madre e abbia pianto per due giorni di fila. La stessa passione avversa al calcio fa parte anche di suo fratello, Vincenzo Franza, un fannullone che sin dagli albori della sua vita si dedica al motocross partecipando a importanti campionati a livello locale. Voci ancora non confermate narrano che la madre, rassegnata alla sua completa voglia di trovare un'occupazione, lo stia per togliere dallo stato di famiglia.
F.C. Messina e i tentativi di retrocessione
Pietro Franza, sempre corroborato, supervisionato e maneggiato dalla madre, in seguito a un'esperienza mistica del 2001 si ritiene il predestinato alla distruzione del calcio messinese, tornato alla ribalta dopo tanti anni di anonimato e che potrebbe così distruggere la sua posizione e oscurare nei giornali il suo talento come giocatore di bocce.
Nel 2002 rileva la società messinese nascondendo i suoi infausti programmi di distruzione e scatenando invece un entusiasmo non indifferente. Allestisce la prima squadra da retrocessione, che subisce una media di 3 gol a partita, ma contro tutti i programmi si salva, grazie anche all'apporto della retrocessione del calcio catanese. Pietro Franza è scosso, distrutto, inizierà qui la sua spirale terribile che lo porterà a una tirchieria spietata che sconvolgerà la sua vita, incapace di comprarsi un caffè, sostenere i suoi bambini, chiedere una paghetta sempre più altra alla madre che da sola non è più in grado di portare avanti la famiglia.
Ma il brutto deve ancora arrivare: nella stagione 2003/2004 Franza allestisce la seconda squadra da retrocessione che, dopo un inizio promettente all'ultimo posto risale a poco a poco fino al quarto posto, che permette l'accesso al calcio che conta.
Pietro, sconvolto dalla difficoltà del suo progetto, che va all'opposto del suo compito da predestinato, entra nel tunnel dei debiti, non paga più l'affitto, invita i suoi bambini a lavorare ed esaspera la madre a disinteressarsi di suo fratello, che inizia a dedicarsi al gioco d'azzardo in un importante camper di un campo nomadi.
Pietro però ha un ultimo asso nella manica: allestire, in serie A, una squadra ancor più scarsa della precedente.
Inspiegabilmente la squadra si aggiudica il settimo posto finale; è il momento più basso del suo operato di predestinato, si sente un fallito. Decide di correre alla maniere forti. E sembra riuscirci.
Nell'estate 2005 la Figc non iscrive il Messina al campionato di calcio di Serie A 2005-2006. Ciò che era stato negato dalla giustizia sportiva, l'ammissione al campionato di Serie A, è ottenuto a seguito della decisione del Tar del Lazio. Famoso è il suo sciopero della fame durato 20 giorni di fronte al tribunale, per protestare contro la giustizia che riammette il Messina al calcio che conta.
Ma Pierino ormai ha quel pizzico di esperienza che gli serve per capire che genere di squadra può realizzare i suoi piani malvagi: crea una squadra di ubriachi e incapaci per la stagione 2005/2006. Il Messina è terzultimo: è retrocesso in serie B. Famosa è la festa alla fine dell'ultima partita, "la sagra dei sapori etnei" a cui nessuno prende parte, a parte lui e suo fratello.
In seguito all'apporto di Luciano Moggi, il Messina è riammesso in serie A. Pierino diventa anoressico, a nulla valgono le sue proteste e i tentativi per dimostrare l'innocenza della Juventus. Il Messina, riammesso, si accinge ad un'altra stagione. Pietro, ormai esperto, sa che per retrocedere non bastano solo calciatori dilettanti, ma anche uno staff di falliti: un allenatore, Bruno Giordano, che anziché allenamenti fa e fa fare gare di bevute birra, e un direttore sportivo, Valentini, preso dalla Reggiana e che si trascinerà uno a uno ogni calciatore di questa squadra. Il risultato, prevedibile, è un ultimo posto. Finalmente Pietro Franza riacquista la fiducia in sé stesso, sente finalmente di aver superato il complesso di Edipo, e inizia a dettare legge: chiede il raddoppio della paghetta, inizia a uscire con la moglie senza la madre (anche se continua a chiederle il permesso) e brucia la moto a suo fratello.