The Jester Race

Da Nonciclopedia, l'enciclopedia libera DA Don Ciotti.
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Per ottenere il growl desiderato, Anders passa un gelato sui suoi denti sensibili.

The Jester Race è il secondo album studio degli Infami ed è l'unico decente che hanno fatto, dato che viene considerato un pilastro del Melodeath assieme a Te macello l'animaaaaaa! degli At The Gates e a In tempo di carestia, ogni buco è galleria dei Dark Tranquillity. Sulla copertina è presente un... mmh... si direbbe il Duomo di Milano con la faccia di un Transformers sotto un cielo color piscio, dato dall' aura dei Sayan poco sopra.

Con questo album si sono dimostrati dei sedicenni metallari D.O.C., dato che il titolo tradotto dall' anglicano è La Razza Giullare ed è dedicato alle loro prede preferite.

Tracce

Edizione originale

  • Munscild: la opening track del CD parte subito con un intro di chitarra acustica sognante per poi venir brutalmente rovinato dal growl cavernoso di Fridén. Nonostante ciò, una colonna portante dell'album, quindi pensate al resto. Secondo fonti indiscrete, inoltre, è la theme song di un personaggio del mondo della fantasia. A giudicare dal titolo (tradotto: Scudo lunare) si direbbe Sailor Moon.
  • La Danza Giullare: Traccia dedicata ai ballerini di Tecktonik. Senza nemmeno proferire una parola, pensate un po' che agonia.
  • Risultato della pioggia di petrolio: Traccia dedicata alle continue piogge acide che rovinano il panorama boschivo della Svezia, dopo che la Deepwater Horizon causasse quel fottuto macello. Qui si può godere del drumming sensazionale di Bjorn, ovviamente dopo avergli messo un peperoncino nel culo.
  • Terra dei morti: Una traccia dal sapore Thrash alla Metallica che ci accompagna nel mondo dei morti (altro che Gorgoroth!). Può perfino accontentare i fan del Death Metal old school, infatti nell' I-pod dei true deathster è l'unica traccia dell' album (e degli In Flames) che troverete.
  • L' eternità che muore: Dal titolo si direbbe un originale melting pot tra emo e melodeath. Dopo una breve introduzione abbastanze veloce (che non fanno MAI durante i live, quindi che dire se non Che spreco di note?), il brano si ferma per poi riattaccare con una voce robotica che Fridén ottiene facendo growl attraverso la grata di un citofono e dei giri di basso che danno un tocco di gravità alla composizione.
  • La razza giullare: La title track è una traccia fatta in collaborazione con David Guetta per alcune basi elettroniche sparse quà e là, con un ritornello che è più o meno la frase Here we go! ripetuta fino all'ammosciamento dei testicoli.
  • Fiore di Dicembre: Una pianta rarissima che cresce solo in Svezia, usata per produrre l' amaro Carocchio. Nella traccia c'è un uso spropositato di doppio pedale e il miglior assolo di kazoo della storia della musica.
  • Wayfaerring... Waeferin... Ehm... Brano 9: Una versione strumentale del brano sopra, con un titolo in lingua ostrogota.
  • Un Dio morto in me: La canzone più thrashosa dell'album con un ottimo drumming. Ne è stato fatto un remix dal titolo Un Dio porco in me dedicata al Vate.

Riedizione del 2002

Purtroppo agli inizi del Duemila, gli In Flames andarono sulla via della sperimentazione e decisero di aggiungere qualche campionamento elettronico qua e la nella loro opera nota al mondo come Clayman, stile che verrà poi sviluppato meglio in Reroute To Remain e lavori successivi.

Ho detto purtroppo all'inizio del paragrafo perché ciò ha portato alla creazione di una nuova generazione melodeath impregnata di contaminazioni e iniziata con l'esordio dei giapponesi Blood Stain Child che mischiarono il metal di matrice svedese con la trance (solo gli abitanti del Paese del Sol levante potevano avere un idea così bislacca). Inoltre, qualcuno pensò anche di contaminare il genere con l'emo: così nacquero i connazionali Sonic Syndicate. E ancora, dall'incontro tra melodeath e pop vennero forgiati i Soilwork. La cosa venne presa a modello perfino oltreoceano con l'esordio dei gruppi chiamati Threat Signal e The Black Dahlia Murder. I primi lo contaminarono con l'Industrial Metal e i secondi con il Deathcore. E purtroppo anche il nostro bel Paese si associò a questo scempio, dato che i Dark Lunacy lo mischiarono con la musica classica e gli Stigma fecero lo stesso mix dei Black Dahlia Murder.

Insomma, per evitare che le nuove generazioni metallare venissero traviate dal vero Melodic Death Metal, ormai contaminato peggio del Golfo del Messico e avendo finito le copie del disco che lo portò all'apogeo, gli In Flames decisero di farne una riedizione, ovvero recuperarono l'immagine del CD, fecero un piccolo zoom sul Duomo di Milano (tanto per farlo sembrare diverso e magari qualche fan accanito lo avrebbe pure preso) e inserirono delle tracce che sono lo scarto dell'edizione originale rilegate su un mini-CD del 1996 che non se lo inculò nessuno, escluso Richard Benson che lo ascoltò giusto per sparare qualche cazzata recensirlo e il responso fu:


« Questo disco io lo trovo indecente! E stiamo parlando... DI UNO DEI PIU' GRANDI GRUPPI MELODEATH DELLA STORIA! Non potete permettervi di fare un mini-CD così... NON VE LO POTETE PERMETTERE, AVETE CAPITO?!?!? »
(Richard Benson)

Le tracce in questione sono:

  • Goliah disarma David: Nessuno dei membri è mai andato a catechismo.
  • Giroscopio: Un brano che è la copia di Munscild versione ribellione al sistema capitalista. In collaborazione con i Finley, nota band anticonformista. Questo brano ha fatto talmente presa sul pubblico bimbominkioso che è stato inserito anche nel lavoro successivo del gruppo, noto come Whoracle.
  • Acustic Medley: Non è altro che un copia e incolla delle versioni acustiche del 80% dei brani di The Jester Race.
  • Dietro lo spazio (live): Un live dove Fridén sfoggia tutto il suo talento (e ciò spiega il perché negli album post-Clayman ha cambiato timbro vocale).

Formazione

  • Anders Fridén: Growl da uomo delle caverne
  • Jesper Stromblad: Chitarra kazoo
  • Bjorn Gelotte: Primo batterista, per la sua inettitudine nel suonarla è stato poi spostato alla chitarra, facendo anche più schifo di prima.
  • Johann Larsson: Basso alto 1.20m
  • Glenn Ljungstrom: Altra chitarra